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La voce come sguardo sonoro: riflessioni sulla vocalità.

Anna Seggi Corti

31 Ottobre 2019

Raccolgo volentieri l’invito a condividere alcune considerazioni sulla mia esperienza di canto, in special modo di canto corale, consapevole di quanto le parole in questi casi tendano, per loro natura, a ritrarsi e a mostrare tutta la loro scarsa efficienza comunicativa! Del resto si parla di un fenomeno musicale così ineffabile, di un processo vivente che appartiene così profondamente al corpo da lasciarsi osservare poco volentieri, e tanto meno definire in maniera esaustiva.

Vista la difficoltà del tema, andrò umilmente per gradi, probabilmente ne uscirà una serie di riflessioni disordinate, il cui filo conduttore è unicamente affidato alla mente di chi legge.

Una visione olistica della voce

Perchè questa difficoltà? Perchè io considero la Voce principalmente come la rivelazione dello stato vitale di una persona, della energia che la pervade, del modo particolarissimo con cui percepisce il proprio essere, il rapporto fra se’ e l’altro, con l’ambiente e di come elabora, trattiene o lascia passare le sue emozioni. Per me la Voce definisce la qualità della comunicazione, è per così dire il nostro “sguardo” sonoro, lascia intravedere ciò che la persona prova veramente, quello di cui ha bisogno e verso cosa tende, mostra le sue contraddizioni, anzi, molto spesso sono proprio queste ultime a indicare un possibile percorso didattico e di ricerca verso un miglior equilibrio generale, come una sorta di chiave di lettura dell’intera personalità, da osservare con rispetto e con cui entrare in empatia.

La Voce umana: un gioco di equilibrio

La Voce umana nasce nel punto di incontro di forze e funzioni opposte, il cui equilibrio precario è sempre una specie di scommessa, ogni volta da ricercare, rinnovare nella mente e nel corpo, mai posseduto e definibile in una serie consequenziale di cause ed effetti. Chi canta avverte il rischio implicito in questa ricerca, in fondo tutto lo studio converge verso una forma di sintonizzazione fra il cantante e il suo corpo, nella speranza di ottenere, da quest’ultimo, il permesso di utilizzare la propria entità psico-fisica per scopi artistici. Questo concetto è ben espresso nel titolo del libro di G. Rohmert, Il cantante in cammino verso il suono, Leggi e processi di autoregolazione nella voce del cantante ( 1995).

Fra le diverse forze, funzioni e disposizioni del corpo e della mente fra le quali nasce e vive la Voce umana, ne annovero alcune:

  • inspirazione ed espirazione, prendere e lasciare, trattenere e lasciar fluire;
  • aria e materia organica;
  • forza di gravità e di elevazione;
  • direzioni centripete e centrifughe;
  • suono fondamentale e risonanza;
  • ancoraggio e libertà, sapere e istinto, prudenza e curiosità, saggezza e incoscienza;
  • pensieri ed emozioni, coraggio e paura, forza e debolezza, principio maschile e femminile;
  • percezione di se’ e percezione dell’ambiente, aspettative e sorprese;
  • esprimere e imprimere, fare musica ed essere musica.

La Voce comunica l’essenza del nostro stato, conferisce senso alle note, alle parole, fino anche a contraddirle. Imparare ad ascoltare veramente una Voce, al di la delle sue apparenze e dei contenuti oggettivi che veicola, è un “viaggio” interessantissimo e di grande significato, sia per scopi didattici che a livello di intima conoscenza, stimola a creare stratagemmi originali in grado di rimuovere ostacoli e portare alla luce le potenzialità espressive di un individuo. Inoltre, lavorare sulla Voce mette in moto percorsi di autoregolazione e di ricerca di equilibrio che allargano la loro benefica influenza anche ad altri aspetti della persona e della propria vita.

La mia esperienza di pianista, direttore di coro, cantante e vocalista corale, mi ha portato a sviluppare una speciale sensibilità verso la Voce di una persona: il suo suono mi parla, se pur indirettamente, offrendomi informazioni originali su quell’individuo, sul suo stato, sulle sue abitudini respiratorie e vocali, mi indica preferenze, mancanze, aspirazioni, oltre naturalmente i classici parametri di classificazioni vocali. Non credo di esagerare affermando che la voce di una persona che parla o che canta, ma anche il suono di un coro, mi appaiono come una specie di libro aperto su cui posso intuire le tracce di tante storie e di tante condizioni vitali.

Lavorare sulla vocalità di un coro è un po’ diverso rispetto al classico studio di Canto, un po’ perchè si ha a che fare quasi sempre con dilettanti di musica, che hanno un approccio prevalentemente sensoriale ed emotivo e un po’ perchè è importante curare anche il risultato sonoro dell’insieme, oltre la vocalità singola. Non voglio certo affermare che la vocalità corale sia diversa da quella classica, è solo meno esigente rispetto a problematiche riguardanti il volume sonoro, l’estensione e la resistenza. Generalmente il repertorio corale, è vocalmente “comodo” per tutte le sezioni e anche molte voci, che in altri ambiti sarebbero giudicate di scarsa potenzialità musicale, possono affrontarlo con ottimi risultati, a patto naturalmente che il Direttore trovi il modo di valorizzarle.

Personalmente trovo sempre molto interessante e positivo cercare il modo di risalire alle cause di un certo problema vocale, come per esempio l’intonazione calante o crescente, la scarsa energia, il timbro opaco, l’inespressività musicale, l’attacco duro o incerto del suono o la sua fine abbandonata, la coordinazione dei registri, il vibrato troppo presente o mancante, l’articolazione imprecisa, l’appoggio regolato dai muscoli invece che dall’aria, la mancanza di legato vocale o di l’agilità, la scarsa brillantezza del suono.

L’aspetto interessante e creativo di questo lavoro è che la soluzione pensata per una certa persona non necessariamente funziona per un’ altra: ognuno ha bisogno di un suo percorso e di un suo tempo, occorre pazienza, rispetto ed empatia per avere accesso a una manifestazione così personale come la Voce. A volte si tratterà di porre attenzione al respiro, alla fluidità del suono, alle pause , al timbro, all’energia. Altre volte sarà più immediato cogliere la coerenza del suono con lo sguardo, la postura generale e i gesti.

Fra gli aspetti più evidenti e comuni nel canto di una persona noto spesso l’istintiva tendenza al “trattenere” aria e suono, o al contrario a cercare una risposta da “fuori”, nella risonanza esterna; non di rado anche l’energia si manifesta a scatti o sembra non trovare una via per espandersi, rimanendo come intrappolata nel corpo.

Anche la voce parlata rivela molti aspetti della personalità; nella nostra pratica quotidiana non sempre vi prestiamo attenzione. Quanti insegnanti, per esempio, non curano la loro espressione vocale mentre spiegano una lezione? O credono che solo urlando saranno ascoltati? Eppure il risultato, la “presa” sugli allievi sarebbe incredibilmente più significativa e duratura con una voce convincente, al pari di quello che succede a molti sacerdoti all’altare: quante volte il loro tono grigio, monotono e impersonale contraddice le parole pronunciate? Nella nostra società sembra che solo chi si occupa di pubblicità o di vendite conosca bene la profonda capacità persuasiva della Voce!

Nessun Metodo, tutti i Metodi

La Voce umana, in quanto processo vitale, è impossibile da definire in una serie di azioni meccaniche e misurabili, se non a rischio di conseguenze innaturali.

Mi vengono in mente, a proposito, alcune iniziali lezioni di canto, molto comuni anche in rete: “Per prima cosa, impara a respirare” recita il maestro di turno…e qui, di solito, l’insegnante sfodera la sua bella respirazione addominale, con la pancia che si fa prominente, il busto impettito, il collo dritto , lo sguardo distaccato….e la sensazione che di li a poco qualcosa debba esplodere, come una sorta di una pentola a pressione. Il povero allievo si domanda “…Ma allora, fino ad ora non ho respirato?…” e lì comincia un lungo calvario di esercizi sugli addominali e su un improbabile controllo attivo del diaframma, di per se’ muscolo quasi totalmente involontario e dei muscoli intorno alla vita (già: la “Vita”, per noi italiani sinonimo di esistenza!), quasi che il cantate avesse come aspirazione quella di assomigliare a un tubetto di dentifricio da spremere, o come se l’ “appoggio” del canto andasse ricercato a livello di forza muscolare piuttosto che nel delicato equilibrio fra tono muscolare, colonna d’aria e forza di chiusura delle corde vocali. Altro che “spinte lombo-addominali” o “abbassamenti forzati” della laringe, posizioni innaturali di lingua e labbra, deformazioni artificiose di vocali, volontà di “mandare” il suono in una certa direzione… tutti espedienti che allontanano dall’intelligenza del corpo e dalla bellezza naturale che ci contraddistingue. Perfino sensazioni apparentemente innocue come quella di ricreare uno sbadiglio ,molto usata nelle scuole di canto, cela qualche insidia, se non altro perchè impone una forma rigida al tratto vocale e alla bocca, quando invece occorre sviluppare la morbidezza, la plasticità e l’aderenza al respiro.

I moderni progressi in campo medico-foniatrico ci hanno svelato molti meccanismi legati al canto, ma la sua anima olistica e individuale resta in gran parte celata nel corpo e nella personalità di ciascuno, il suo spirito ineffabile può servirsi delle tecniche più disparate ma resta pur sempre inconfondibilmente unico, pur nel riconoscimento di alcuni parametri valutabili e comuni.

Io mi occupo principalmente di vocalità corale e mi accorgo che a un buon Maestro di coro non occorre tanto una “bella voce”, quanto piuttosto un buonissimo orecchio, non solo musicale ma anche specificatamente vocale e che dovrebbe possedere una ricca gamma di esempi, metafore, esercizi capaci di permettere anche al cantore più inesperto di risultare non solo musicalmente corretto ma anche espressivamente convincente. Tanto per proporre qualche esempio, ritengo che sia più funzionale parlare al corista di “suono incarnato”, piuttosto che di maggior presenza di registro basso o peggio di abbassamento volontario della laringe, di suono “felicemente sorpreso”, invece che di maggior brillantezza, di “lasciar fluttuare il suono su un tappeto volante”, al posto dell’appoggio/sostegno, di intonazione “felice”, invece che esatta, di suono che cambia “colore e consistenza”, e non di timbro, di “espansione o implosione/raccoglimento”, invece che forte/piano, di un suono che “canta già nell’inspirazione” che ne precede l’attacco, piuttosto che apnea preparatoria e così via: una serie di immagini che risvegliano la sensorialità fine del corpo, piuttosto che azioni muscolari. Questo approccio fa leva su esperienze quotidiane provate da chiunque, facili da evocare, plurisensoriali e che determinano cambiamenti minimi ma profondi, in cui l’azione muscolare è regolata più dalla propriocezione che dalla mente. La qualità del canto che ne deriva regala sensazioni di autenticità difficilmente raggiungibili in modalità tecnicistica. Dal punto di vista corale poi questo tipo di suono propriocettivo, così profondamente radicato nella persona, permette una vera fusione di voci, senza artifici esteriori, senza mortificazioni individuali, perchè basata su ciò che di più intimo ci rende simili gli uni agli altri: il suono del nostro essere.

Non so più dove ho letto una frase che mi è rimasta molto impressa: “ La prima cura per una voce è quella di prestarle ascolto”, e aggiungo io, non solo musicale!

Anna Seggi Corti 

Sono nata e vivo ad Arezzo. Dopo gli studi classici di pianoforte e canto, mi sono appassionata alla musica corale grazie al felice incontro con il  M.° Fosco Corti, con il quale ho condiviso anche la vita e da cui ho avuto due splendidi figli: Silvia e Francesco. Ho approfondito lo studio del canto con diversi insegnanti (R.Ongaro, A.Brown, T.Paoletti, il gruppo “ Pro cantione antiqua”) e con la Scuola di Metodo funzionale di S.Giustina-Belluno. Ho insegnato Musica in alcune scuole Medie della mia città, anche a indirizzo musicale (pianoforte e canto corale). Ho preso parte a molti concerti , in veste di corista, pianista, cantante, direttore di coro. Il mio repertorio ideale spazia dalla musica antica a Monteverdi, da Bach alla liederistica romantica. Ho inciso un CD sul Vespro della Madonna di Banchieri e partecipato a varie formazioni madrigalistiche, fra cui quello interno al Gruppo Polifonico F. Coradini di Arezzo, vincitore di un primo premio al Concorso internazionale di Gorizia del 1985. Ha collaborato alla stesura del libro “Il respiro è già canto”, a cura di D.Tabbia e dal 2007 insegno vocalità all’interno all’omonimo corso per direttori di coro che si tiene a Torino.

Bibliografia più che essenziale

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A. Juvarra, I segreti del bel canto, Curci, Milano 2006

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I. M. Tosto, La voce musicale, EDT, Torino 2009

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