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Verso l’arte attraverso il corpo

di Annadora Scalone 

31 Agosto 2018

Sono un’insegnante di danza e in quanto tale penso che la conoscenza, la crescita e lo sviluppo non possano avvenire se non attraverso l’esperienza fisica.
Danzo e faccio danzare gli altri e danzando il mondo si disvela.
Sono convinta di questa affermazione, così tanto che per me anche la fruizione della musica passa per questa modalità.
Molta danza è stata definita “in funzione della musica” , ovvero ha legittimato la propria esistenza in base agli spartiti che ne sostenevano la struttura coreografica e abbiamo dovuto aspettare artisti come Merce Cunnigham per pensare a coreografie originate da un pensiero distante dalla musica, per vedere una danza che nascesse da necessità distanti dalla descrizione di un suono.
Gerarchicamente la danza è sempre stata soggetta alla musica, nel bene e nel male il movimento è stato considerato come la “visualizzazione” della musica.
Dico questo perché non è banale un pensiero in cui danza e musica concorrono in un processo di fruizione dell’arte e possono essere complici in un percorso di apprendimento.
Ritengo che la danza, intesa anche come movimento non codificato, sia funzionale all’apprendimento della musica e viceversa.
Uno scambio continuo in cui le due arti dialogano e questa esperienza porta alla conoscenza.
Nell’introduzione a “ Voci del corpo” Lucia Balduzzi afferma che gli organi di senso forniscono una conoscenza sempre di tipo soggettivo. Quando facciamo esperienza della realtà che ci circonda non possiamo fare a meno di utilizzare i sensi e quindi di utilizzare le nostre percezioni per descrivere la realtà con le parole e gli aggettivi che la nostra sensorialità suggerisce. In questa prospettiva il corpo deve essere definito come “corpo vissuto/vivente (cit.) per indicare colui o colei che è il proprio corpo, fatto di carne e di sangue, che proprio in virtù di quella carne e di quel sangue sente, conosce ed esperisce in quel particolare modo, e ancora elabora, interpreta e ripropone all’altro da sé, tramite una pluralità di linguaggi: verbale, iconico, plastico, gestuale, musicale”. Una soggettività così interpretata non può essere mai descritta in modo esaustivo e conclusivo: essa è sempre apertura, tensione a progettualità del proprio essere se stessi. Adottare il paradigma della soggettività ha importanti conseguenze in ambito educativo e pedagogico: consente di poter essere “altrimenti” e “altrove” rispetto ad un situazione “data”, consente il pensiero verso quel “ non ancora “ che caratterizza il percorso educativo. In questa dimensione il corpo rappresenta la centralità del percorso educativo basato sulla riflessione pedagogica in cui il primo fondamento è una didattica in cui la conoscenza è data dalla percezione. Dunque rappresenta quel processo mai concluso con cui ognuno di noi conosce il mondo prima ancora di rappresentarselo tramite linguaggi. In tal senso i processi di conoscenza estetica vengono ad assumere una rilevanza centrale nei progetti didattici, poiché è proprio l’esperienza sensibile che permette al soggetto quelle conoscenze percettive originari che acquisiscono un senso mediante processi di riflessione.
In quest’ottica differente i linguaggi e le discipline non saranno organizzati gerarchicamente e saranno utilizzati nell’ottica dello scambio e dell’apertura.
Perché proprio come suggeriva John Dewey l’arte deve essere utilizzata come risorsa educativa, come strumento nei processi intellettuali, immaginativi e creativi dei giovanissimi. Per questo idee, paradigmi, metafore e repertori simbolici saranno così desunti e suggeriti dall’esperienza artistica. L’arte come esperienza dei sensi, gli allievi non come ricettori passivi ma come interpreti e attori nella realtà che li circonda. L’individuo è generato dalle proprie esperienze sociali e l’educazione deve servire per accedere attraverso nuove vie a nuove esperienze e potenziare ed amplificare tutte le opportunità di sviluppo.
Nel testo Reconceptions in Philosophy and other Arts and Sciences Nelson Goodman ripensa il confronto tra le diverse “fabbricazioni del mondo” attraverso l’attività congiunta di filosofia, arti, scienze e mondo della vita quotidiana. L’individuo è in costante rapporto con il suo ambiente, reagisce e agisce su di esso. L’esperienza educativa deve quindi partire dalla quotidianità nella quale il soggetto vive. Successivamente ciò che è stato sperimentato deve progressivamente assumere una forma più piena e organizzata. L’esperienza è realmente educativa nel momento in cui produce l’espansione e l’arricchimento dell’individuo, conducendolo verso il perfezionamento di sé e dell’ambiente. Un ambiente in cui vengono accettate le pluralità di opinioni di diversi gruppi in contrasto tra loro, favorisce lo sviluppo progressivo delle caratteristiche dell’individuo.
Particolarmente in Ways of Worldmaking Goodman porta avanti la tesi enunciata nella prefazione editoriale alla terza edizione di La struttura dell’apparenza (apparsa nel 1977), ossia che “il mondo non abbia, in se stesso, una struttura anziché un’altra […]. La sua struttura dipende dai modi in cui lo consideriamo, e da ciò che facciamo [… E] ciò che facciamo, in quanto esseri umani, è parlare e pensare, costruire, agire e interagire […] noi costituiamo i nostri mondi costruendoli”
Citando Marco Dallari per il quale “Parlare di educazione estetico-artistica non significa mettere in piedi un’attività ogni tanto, o di attivare un laboratorio a lato di altre attività ispirate a un altro modo di intendere l’educazione e la conoscenza. Perché l’impostazione estetico-artistica permea tutta l’attività educativa e diviene stile metodologico dell’educare”. Non posso che condividere questa scelta e sottolineare come il percorso che utilizzo nelle mie lezioni di danza sia fortemente condizionato da questo pensiero.
L’esperienza estetica è sempre legata alle esperienze del sentimento e dell’emozione. Categorie che, non a caso, caratterizzano anche l’esperienza del gioco e di tutto ciò che può essere vissuto come nuovo, straordinario, avventuroso. La danza e la musica devono entrare in questa dimensione ludica in cui l’esperienza che se ne fa produce stupore e conseguentemente apprendimento.
L’estetica, dalla sua nascita (1735) ai giorni nostri, ha formulato e formula teorie della sensibilità, cercando di indagare e descrivere i modi in cui sono stimolate e prendono forma le sensazioni, con particolare riferimento ai processi della percezione, dell’immaginazione, della memoria.
In questa direzione procede il metodo che utilizzo per far fare esperienza di movimento ai piccoli e ai grandi.
Ispirata all’analisi del movimento di Rudolf Laban la lezione di danza che propongo è un continuo alternarsi di ascolto della musica e del corpo in movimento, alla continua ricerca di assonanze fisiche e mentali per attraversare l’arte e connettersi con il proprio inconscio.
Così come pensano Franca Zagatti e Laura Delfini nell’introduzione al fondamentale testo di Laban “la danza moderna educativa” anche io credo che seguire l’approccio metodologico labaniano voglia dire proporre esperienze che siano in costante equilibrio tra sentire e comprendere per condurre alla consapevolezza.
Ed è esattamente questa consapevolezza che mi sforzo di far emergere nella mia proposta di danza: un’esperienza di movimento che passa attraverso l’ascolto del corpo con una strada ramificata che passa dal pensiero cosciente alla suggestione inconscia.
Valerie Preston-DunLop scrive che secondo Laban “la danza deve diventare un linguaggio e disporre esattamente come la musica o la lingua parlata di strumenti di scrittura per poter descrivere la propria storia ( cit.) ed è questa l’utilità assoluta che riconosco a questo approccio. Consentire di trovare, fare esperienza di sé in un modo assoluto, senza imitazioni o ripetizioni pedisseque
Comprendere per trasformare attraverso l’esperienza di una memoria ancora non delineata che prende corpo nell’azione.
Il problema dell’insegnamento della tecnica, dove per tecnica intendo un metodo che conduca all’esecuzione ( passi definiti se si tratta di danza e suonare uno strumento se si tratta di musica) è che costringe fortemente l’allievo ad imitare, ovvero ripetere.
Non ho nulla in contrario alla ripetizione, attività che consente di sviluppare una “memoria del corpo” che induce l’automatismo nell’esecuzione e conduce al virtuosismo, ma sono più interessata ad un’esecuzione consapevole, esperita e generata in maniera personale attraverso una pratica di suggestione sensoriale. I sensi definiscono il perimetro del nostro corpo, che è il nostro mondo nel mondo; occorre trovare il modo in cui da questa percezione personale sensoriale si generi una possibilità oggettiva di raccontare l’esperienza.
Laban fornisce il ponte per passare dal soggettivo all’oggettivo: elabora una visione che utilizza fattori oggettivi (le categorie peso, spazio, tempo e flusso) che passano però attraverso i sensi.
Da un punto di vista pedagogico questo tipo di orientamento porta ad una conoscenza dal mio punto di vista “indimenticabile” che permarrà nella memoria delle esperienze di movimento, che è solo una delle possibili espressioni dell’uomo.
Non essendo una musicista ed avendo studiato musica in maniera funzionale allo studio della danza ( solfeggio e ritmo) ho cercato di pensare alla musica in un modo nuovo da sperimentare insieme al movimento per generare quell’esperienza soggettiva ma allo stesso tempo oggettiva che genera a mio avviso un prodotto d’arte. Una maniera per elaborare un linguaggio in cui gli strumenti espressivi siano dati dalla fusione di musica e danza.
In questo modo chi suona avrà esperienza del movimento generato dalla musica e viceversa chi danza troverà nella musica l’elemento assimilabile all’esperienza di movimento.
Utilizzo questo metodo soprattutto con gli allievi più piccoli, e spesso per loro le esperienze di molti movimenti sono le loro “prime” esperienze di quei determinati movimenti, o per lo meno esperienze coscienti. Saltare su di un piede, strisciare, rotolare , ecc. sono azioni che i bimbi compiono ma ciò che rende eccezionale questo tipo di proposta è la consapevolezza che si genera. Questa consapevolezza resterà nella memoria e con questo presupposto tutto lo studio successivo della tecnica avrà basi solide e contribuirà ad uno sviluppo psicofisico armonico.
L’efficacia di questo approccio è validata dai risultati ottenuti dall’utilizzo con chi ha da sempre praticato la danza accademica e anche per quelle persone che da adulte si avvicinano alla danza: per un corpo che ha abitudini stratificate di movimenti automatici e magari con poca predisposizione all’ascolto questo metodo richiede maggior impegno rispetto a quello dei bambini, ma consente di ottenere ottimi risultati.
E sempre per tornare a Laban che non era interessato al tipo di movimento, ma alla qualità, è proprio per questo che pongo l’accento sull’esperienza sensoriale totale per giungere alla conoscenza.
L’esperienza sensoriale diventa fondamentale quando occorre richiamare alla memoria atti compiuti inconsapevolmente (il contatto con una superficie ruvida, una stoffa leggera, il gusto di un frutto aspro, la dolcezza di una caramella, il suono acuto di una sirena, il tonfo della caduta di una pietra) per muoversi in maniera consapevole facendo una nuova esperienza sulla base di vecchie conoscenze(rievocare un ricordo per spiegare un movimento, chiedere una similitudine con un movimento fatto): credo che questo consenta lo sviluppo cognitivo e la crescita.
Ho avuto il piacere e la fortuna di collaborare con Chiara Sintoni nella realizzazione del percorso didattico intitolato “Quando il suono diventa gesto” con l’approccio trasversale tra ascolto musicale e movimento.
Si è trattato di un percorso didattico all’interno del quale la danza è stata messa “al servizio dell’ascolto musicale” e proprio per questo è stato per me fonte di grande riflessione, mi ha consentito di riconoscere la grande connessione che esiste tra musica e danza in quello spazio dei sensi in cui occorre fare sintesi di ogni percezione.
Questo laboratorio mi ha dato modo di legittimare e riconoscere la bontà di un pensiero che

realizzavo solo in sala danza con i miei allievi; spostare l’ambito in cui agire ha confermato la tesi che l’arte è l’unico modo per conoscere.
Le parole per definire la musica sono state lo stimolo di movimento. Accanto ad un ascolto consapevole delle caratteristiche compositive di un brano abbiamo

in essere una relazione con le caratteristiche del movimento sulla base delle categorie di Laban e abbiamo cercato di porre l’accento sulla qualità di ogni movimento/azione.

I parametri del suono (altezza, intensità, durata), il fraseggio ( legato, staccato) l’osservazione delle cellule ritmiche, la ripetizione di alcuni moduli sono state messe in relazione con le proprietà del movimento (modalità, velocità, direzione,intensità, periodicità) e i fattori che determinano la qualità del movimento stesso ( spazio, tempo,peso, flusso).
Questa modalità muove il corpo per associazioni sensoriali, produce un’esperienza totale e porta il musicista a “vivere” la musica che suona.
Concludo la mia riflessione portando il paragone tra una classe di danza e una prova d’orchestra. La lezione di danza come la prova d’orchestra come il luogo in cui tutti i danzatori/tutti i musicisti devono essere insieme, nell’attimo dell’esecuzione avendo percezione di se stessi e soprattutto degli altri. Il luogo in cui il “sentire collettivo” e il respiro comune consentono la condivisione di quell’esperienza totale in cui generare l’arte è allo stesso tempo fruirne esteticamente.

Annadora Scalone

Laureata in Dams Spettacolo con una tesi in Storia della danza sul Movimento Autentico.

Dal 1973 al 1982 studia danza classica, di carattere e moderna presso il CENTRO DI DANZA TERSICORE di Brindisi diretto da Antonella Di Lecce.

Dal 1983 si trasferisce a Bologna approfondisce lo studio della danza contemporanea e dell’afro dance frequentando corsi, stage e workshop e continua l’attività di insegnante.

Nel 1992 costituisce L’ASSOCIAZIONE CULTURALE DUENDE all’interno della quale, oltre che dedicarsi all’attività didattica, forma con un gruppo di allievi, desiderosi di apprendere oltre allo studio delle tecniche di danza una ricerca e sperimentazione dei linguaggi del corpo nella coreografia, una compagnia amatoriale che interpreta le sue coreografie.

Dal 1993 al 1998 coordina e organizza la rassegna IL PARCO MOBILE per il quartiere Navile di Bologna presso il centro civico Croce Coperta.

Dal 1995 al 2000  è redattrice di informazione sulla danza per RADIO CITTA’ 103 di Bologna.

Dal 1997 al 2005  dirige  il CENTRO STUDIO DANZA GYMMOVING presso il quale ha tenuto  corsi di propedeutica alla danza per bambini,di danza contemporanea per ragazzi e adulti e laboratori di ricerca e composizione corografica.

Nel 2005 consegue il diploma di Danzeducatore per il Mousikè (ente accreditato dal MIUR per la formazione del personale della scuola).

Dal 2007 è insegnante riconosciuta della Modern Dance Academy.

Dal 2010 al 2013 partecipa al “Corso di aggiornamento e perfezionamento per docenti di danza contemporanea- tecnica Merce Cunningham” presso l’ATER di Reggio Emilia.

Dal 2006 al 2013  direttrice artistica dei corsi di danza organizzati dall’Associazione Culturale Duende in collaborazione con il Centro Universitario Sportivo Bologna per il quale ha insegnato regolarmente.

Collegata all’attività didattica e formativa dell’Associazione Culturale Duende è quella del “Corso di formazione professionale per operatori della danza nella scuola” all’interno dell’offerta formativa del Centro Studi del CUS Bologna.

Nel 2016 partecipa al Corso di Formazione Professionale per insegnanti di danza moder/contemporanea dell’Opus Ballet.

Dal 2013 la direttrice artistica e didattica del Centro Studi Danza Duende per Duende ASD per cui tiene regolarmente i corsi di danza creativa, danza moderna per adolescenti e danza contemporanea che prevedono la partecipazione a spettacoli, rassegne, concorsi.

 

Bibliografia

  • Lucia Balduzzi” Voci del corpo. Prospettive pedagogiche e didattiche”(2002) La Nuova Italia
  • Marco Dallari “In una notte di luna vuota. Educare pensieri metaforici, laterali, impertinenti”(2008)Erickson
  • John Dewey “Democrazia e educazione” (1949) La Nuova Italia
  • Nelson Goodman“Reconceptions in Philosophy and Other Arts and Sciences” (1990) Routledge
  • Nelson Goodman “ Vedere Costruire il mondo” (2008) Laterza
  • Nelson Goodman “ la struttura dell’apparenza”(1985) Il Mulino
  • Rudolf Laban “La danza moderna educativa”(2009) EphemeriaCuratore: L. Delfini, F. Zagatti
  • Autore Valerie Monthland Preston-Dunlop “Rudolf Laban: An Extraordinary Life” (1998)EditoreDance Books
  • Chiara Sintoni “Quando il suono diventa gesto. Un laboratorio su «Pierino e il lupo di SergejProkof’ev”(2009)Aracne