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I suoni dei luoghi.

Percorsi di geografie degli ascolti

 

Recensione di Stefania Anna Russo

31 Marzo 2021

Proviamo a concentrarci su cosa ci sembra di sentire in questo preciso istante. Ciò che percepiremo saranno i suoni attorno a noi, che sentiamo anche se non lo desideriamo, i suoni di uno spazio a noi familiare o estraneo. Spazio che percepiamo attraverso tutti i nostri sensi, sviluppando un attaccamento emotivo. Spazio che diventa luogo, il nostro luogo.

Il volume, a cura di Lorena Rocca, è rivolto a futuri insegnanti o docenti esperti e vuole porre al centro una sfida: dar vita al senso del luogo attraverso la dimensione del suono. Suono effimero e fugace, ma capace di evocare emozioni ed affetti.

Se pensiamo al paesaggio, è difficile non fare riferimento alla dimensione visiva come primo canale di conoscenza. Eppure il suono porta con sé informazioni sullo spazio, sul luogo, sui suoi abitanti e le loro attività. “Il suono ci parla, ci costringe, ci persuade a pensare e sentire”.

Il libro è diviso in due parti: nella prima parte l’attenzione è rivolta a valorizzare la dimensione sonora e a spostare il focus del lettore dalla prospettiva oculocentrica a quella audiocentrica.

Vengono proposte una serie di riflessioni da parte di vari autori, tra cui Lorena Rocca, Paolo Zavagna, Matteo Luigi Piricò, Enrico Squarcina, che mirano a superare la settorializzazione disciplinare attraverso una “sfida olistica e complessa”, al fine di uscire dalla zona di comfort e scoprire un nuovo modo di conoscere.

Il suono infatti non è mai uguale, varia in relazione allo spazio e al tempo: è fuggente, eppure occupa ogni spazio e allo stesso tempo gli dà forma e lo abita.

Questo lo rende un componente essenziale della nostra esperienza di vita, che ci consente di creare un legame identitario con il luogo. E così, come parte costitutiva della nostra cultura, viene riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio immateriale e componente essenziale del paesaggio.

Paesaggio che ha suoni caratteristici e inconfondibili, tali da rendere un luogo riconoscibile anche solo attraverso l’ascolto: Shafer definisce il mondo come un’enorme composizione musicale, di cui noi stessi siamo compositori, in grado di migliorarla o distruggerla. Il suono dunque è un prezioso elemento di integrazione e interpretazione della realtà, che favorisce un approccio olistico alla dimensione culturale, storica e sociale.

Educare all’ascolto

Il paesaggio come luogo di studio geografico è stato per anni deprivato di una parte sostanziale: il sonoro. Questo perché la geografia ha adottato, per descrivere e interpretare la relazione tra gli esseri umani e il mondo, una prospettiva per lo più oculocentrica, concependo il paesaggio come qualcosa di prevalentemente visivo.

È grazie alle riflessioni di Shafer che il mondo sonoro viene rivalutato e preso in considerazione quale strumento per comprendere in che modo l’uomo trasforma il paesaggio, ma anche, secondo l’autore, come una “costruzione deliberata, una composizione”, soggetta al giudizio di bellezza o bruttezza. Ed è per questo necessaria, come scrive Enrico Squarcina, un’educazione all’analisi del paesaggio, che consenta di creare i presupposti per “migliorare il paesaggio sonoro” in cui siamo immersi, perché “educare al paesaggio sonoro significa educare a una maggiore consapevolezza (…)” per “migliorare la nostra capacità di stare consapevolmente nel mondo”.

E per stare “consapevolmente” nel mondo, l’ascolto attento diventa una prerogativa importante. Ascolto attento che, come afferma Russolo nell’ Arte dei rumori, è la dote richiesta ad un buon ascoltatore che voglia percepire senza pregiudizio tutti i suoni che lo circondano, compresi i “rumori”, spogliati della loro accezione negativa. Perché, come scrive l’autore Paolo Zavagna, citando John Cage, “l’ascolto deve essere completo, senza schermi, né filtri, poiché ogni suono è degno di essere ascoltato attentamente”.

Spesso infatti non ascoltiamo tutto ciò che sentiamo. E se il sentire è un meccanismo involontario, l’ascoltare coinvolge sia l’udito che le funzioni cognitive in un processo consapevole che il soggetto svolge attivamente. Quindi ascoltare, sentire e udire, se si fa riferimento al senso dell’udito. E se riflettiamo sull’etimologia della parola udire, essa rimanda al verbo latino audere, ovvero ascoltare chi sta dinanzi, quindi, per derivazione, obbedire: “colui che ascolta è colui che obbedisce”.

Suono e potere: per una nuova ecologia del suono

Nella letteratura sono numerosi gli esempi da cui si evince questa relazione tra suono e potere: nel mito di Orfeo alla sua voce obbediscono gli animali, gli esseri umani e l’intera natura; nell’Odissea al canto delle sirene obbediscono i navigatori e al suono del flauto di Hamelin anche i topi e i bambini. Ma non solo nella letteratura, anche nella storia si può rintracciare questa connessione: Carlo Magno, ad esempio, formò l’unità politica culturale del suo regno imponendo con la forza l’uso del canto gregoriano.

Pensando ai nostri tempi, le musiche che si ascoltano nei centri commerciali, negli aeroporti, nelle stazioni sono, come evidenzia Lorena Rocca, “un chiaro esercizio di potere che muove dagli studi di neuroscienza rispetto alla capacità, innata, che abbiamo di emozionarci di fronte a definite sonorità”; motivo per cui “nulla è ingenuo e il semplice ascolto di ciò che ci circonda mette in evidenza un design acustico, ma soprattutto dei giochi di potere”.

E numerosi sono gli studiosi e musicisti che appoggiano questa tesi. Cage sostiene che l’organizzazione politica e quella del suono sarebbero in diretta corrispondenza. Turco afferma che il potere del suono “si esercita quale opportunità a gestire il campo delle scelte dell’altro”.

Contro questo uso del sonoro da parte del potere è necessaria una ecologia acustica priva di gerarchie, che riporti all’ascolto tutto ciò che è non necessario, che è escluso, proprio perché la logica di potere ci seduce con il suono, portandoci a considerare non significativa parte della percezione e privandoci così della totalità del mondo sonoro che ci circonda. Mondo che è un arcipelago sonoro, un l’insieme eterogeneo di “territori sonori” in costante movimento, “in cui il suono circola e si distribuisce, quale entità fugace, muta, che resiste, persiste e contamina tutto ciò che è udibile”. Luogo sonoro autentico, significativo, che non perde il contatto con la realtà tutta e che è l’opposto della gerarchia di suoni del potere.

Saper cogliere e decodificare i giochi di potere con consapevolezza, esercitando competenze di lettura territoriale, diventa così un importante strumento da acquisire.

Didattica del paesaggio sonoro: la teoria

Anche dal punto di vista didattico il paesaggio sonoro è un luogo carico di senso da esplorare e scoprire, luogo di attivazione di processi cognitivi ed estetici, luogo di integrazione di variegate competenze, in una prospettiva transdisciplinare.

Come scrive l’autore Matteo Luigi Piricò, “il paesaggio sonoro può ergersi addirittura ad ambiente elettivamente più consono a esplicitare le potenzialità immaginifiche e creative del bambino e del ragazzo”: ambiente di apprendimento autentico dove si sviluppano competenze trasversali quali il pensiero riflessivo e critico, le strategie di apprendimento e il pensiero creativo. Ma affinchè questo possa realizzarsi è importante applicare un approccio transdisciplinare, dove il medium sonoro favorisce l’inclusione di allievi con bisogni speciali.

E quindi, visti questi presupposti, sarebbe importante che il paesaggio sonoro diventasse un vero e proprio ambiente di apprendimento. Eppure, nonostante le Indicazioni nazionali dedicate alla scuola dell’infanzia e primaria citino esplicitamente il paesaggio sonoro come oggetto di ricerca e scoperta, nei libri di testo per la scuola primaria l’argomento è pressoché assente, confermando la scarsa importanza che questo argomento occupa nella programmazione didattica disciplinare.

I contributi di Lorena Rocca, Giovanni Galfetti e Anna Galassetti, riuniti nella seconda parte del libro, offrono interessanti spunti e idee progettuali per passare dalla teoria alla pratica e valorizzare la dimensione sonora del paesaggio nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.

Ogni attività è declinata in funzione del ciclo scolastico, facendo leva sulla dimensione autentica dell’esperienza e della sperimentazione. Gli esempi proposti sono privi di format di progettazione, per consentire al docente o futuro docente di rielaborarli in modo creativo, adattandoli al contesto in cui agiscono.

Didattica del paesaggio sonoro: la pratica

Osservo: quanti suoni sono dentro di me e accanto a me e come scandiscono la mia giornata. Rifletto sulla memoria e sul significato affettivo dei suoni”.

La percezione del mondo sonoro inizia con l’ascolto dei suoni “dentro di me” (il “concerto” del corpo), per poi aprirsi verso una dimensione esterna, quella dei suoni familiari che si possono “catturare” attraverso una vera e propria caccia al suono. Suono che viene poi percepito, esplorato e agito in modo consapevole, per comprendere il significato e l’esito delle sue trasformazioni e sviluppare contestualmente il senso di appartenenza al luogo.

Questo modo di appropriarsi del territorio, di entrarci dentro per cogliere le molteplici sfumature del suono e del paesaggio, viene indagato, nell’ultima parte del volume, anche attraverso la dimensione del treno, potente marcatore sonoro territoriale. Treno che, oltre a essere un’invenzione meccanica, è un percorso, una linea, una mappa.

Quest’ultima parte fa riferimento al caso di studio Il rumore lontano, che prende vita all’interno del territorio del canton Ticino, dove il treno è un potente soundmark territoriale presente fin dai primi anni del Novecento.

L’idea è di sperimentare una mappatura sonora dei treni “come esercizio di memoria collettiva che insegue la polifonia delle narrazioni individuali e che, attraverso l’ascolto, trasforma uno spazio in un luogo e dà vita a un interessante arcipelago sonoro”.

Porre al centro la visione audiocentrica consente di indagare attraverso i suoni la forma dell’azione sociale, il senso, il valore che quei suoni hanno per me e per l’intera comunità. Il suono è parte del paesaggio anche grazie al valore che viene attribuito ad esso dalla comunità che lo abita e contribuisce a creare l’attaccamento al luogo (Place attachment), che porta a un impegno verso la comunità di appartenenza.

Non a caso l’approccio metodologico utilizzato nelle esperienze citate è la Place-Based Education, che si fonda sull’apprendimento esperienziale, in cui l’allievo è al centro e dove l’educazione, situata, diretta e autentica, mira a promuovere le competenze di comunicazione, di collaborazione, di pensiero critico e creatività.

Nel volume vengono illustrate alcune attività che sono per lo più degli esperimenti esplorativi privi di previsioni e aspettative, stimoli in cui è possibile aggiungere, ignorare, cambiare e cancellare. Nessuna regola, solo suggerimenti.

Ad esempio ne La prima e la seconda classe viene proposta una riflessione sulle logiche di potere che caratterizzano i treni, attraverso la percezione delle sonorità: con un ascolto attento e consapevole l’attività mira a sviluppare le capacità di comprendere l’organizzazione del territorio-treno e a identificare il rapporto tra attori forti e deboli.

Percorri il viaggio in prima classe. Riprendi lo stesso treno, questa volta viaggiando in seconda classe. Senti delle differenze? Presta attenzione all’atmosfera acustica (…). Osserva il tragitto, osserva le persone (se ci sono). Prendi consapevolezza del comportamento che si manifesta sul treno a seconda dei vagoni in cui viaggi. Presta attenzione al tono di voce e alle attività che svolge chi è seduto in prima o in seconda classe; rifletti sulle regole implicite che sono nascoste nei vagoni di prima classe”.

Ne L’arcipelago sonoro si riporta l’attenzione sui nodi, le reti e le maglie che caratterizzano il territorio e le motivazioni che ci spingono a prendere il treno, che può essere ad esempio un comportamento sostenibile per rendere migliore il nostro ambiente. Qui la sonorità del treno diventa funzionale alla riflessione sull’impegno al cambiamento verso la promozione di una mobilità sostenibile. Quindi comprendere per migliorare e trasformare ciò che riguarda e tocca da vicino il nostro futuro.

Nel Terzo paesaggio sonoro la riflessione ruota intorno a quei luoghi ai margini dei territori, privi di interesse, e lontani da logiche di potere. Il terzo paesaggio è un luogo dell’invenzione possibile, un territorio-rifugio per quelle specie che non trovano spazio altrove.

Qui viene chiesto di riflettere e attivare l’immaginazione intorno ai luoghi per scoprire il residuo sonoro che lo spazio treno produce. Il Terzo paesaggio infatti è luogo dell’immaginazione per eccellenza, dove tutto è possibile, al limite tra realtà e irrealtà.

Quest’ultima sessione vuole portarti fuori da ogni logica, da ogni programma, da ogni progetto. È dall’imprevisto, dall’errore, dalla confusione, dalla fragilità che emergono delle soluzioni impensate e per questo geniali”.

L’esplorazione del Terzo paesaggio sonoro si conclude con la creazione di un manifesto del viaggiare in treno: “un documento che dichiara i tuoi obiettivi, i tuoi progetti, ma soprattutto i tuoi sogni”.

Alcune considerazioni finali

Il libro è stato un mio compagno di viaggio. Mi capita spesso di prendere il treno per recarmi a lavoro e durante questi viaggi di andata e ritorno mi sono ritrovata a sperimentare alcune delle attività proposte nell’ultima parte. Attivare i sensi e percepire la realtà in modo attivo e consapevole mi ha consentito di uscire fuori dalla routine quotidiana, che si è trasformata in qualcosa di interessante. Non sempre ci rendiamo conto che perderci nei nostri pensieri e nella quotidianità della vita limita la nostra percezione, privandoci della possibilità di vedere e ascoltare l’ambiente nella sua complessità. E così ho iniziato a cogliere con curiosità i suoni e le peculiarità di un ambiente che all’inizio è diventato improvvisamente sconosciuto e poi sempre più familiare. Ma il treno in fondo è una metafora della vita; non dovremmo dimenticare lungo il nostro viaggio il nostro ruolo di protagonisti, di soggetti attivi nella costruzione della nostra identità sociale, promotori e autori di processi di cambiamento; e infine di quanto sia importante il ruolo di noi docenti nell’accompagnare i nostri alunni lungo questo incredibile viaggio ricco di esplorazioni e scoperte dove la dimensione sonora, così fugace ed effimera, diventa un potente mezzo di conoscenza di sé, della propria sfera affettiva ed emozionale, e della realtà ambientale globale.

I suoni dei luoghi. Percorsi di geografie degli ascolti – a cura di Lorena Rocca – 2019 – Carocci editore – (pp 210)

 

Lorena Rocca

Insegna Geografia umana e Didattica della geografia all’Università degli Studi di Padova e al Dipartimento formazione e apprendimento della scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Locarno.

Ha sviluppato competenze sui paesaggi sonori sperimentando il valore educativo per la lettura degli spazi, paesaggi, territori, ambienti e luoghi.

È responsabile scientifica della rete internazionale sui paesaggi sonori, autrice di numerosi contributi di carattere interdisciplinare e coordina progetti internazionali a cui prendono parte ricercatori e artisti di differenti ambiti e competenze (geografi, storici, artisti sonori, attori teatrali, pedagogisti, psicologi, musicologi di Italia, svizzera, Spagna, Francia; Brasile, Argentina e Inghilterra).