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La pedagogia della lumaca

Per una scuola lenta e non violenta

Recensione di Sandra Ruggeri

31 agosto 2016

“E se la lentezza diventasse un’angolazione particolare da cui osservare il mondo?”

La Pedagogia della Lumaca, di Zavalloni, è un libro per tutti. Un libro di immediata comprensione e gradevole lettura. Per l’insegnante, per il musicista, per le mamme, per il contadino, per chi viaggia e per chi sogna, per chi ha bisogno di riacchiappare una sola cosa: il tempo.
Leggerlo è stato come entrare in un luogo conosciuto ma come se lo fosse per la prima volta. Sì perché per chi ha avuto la fortuna di avere la giornata scandita dai rintocchi delle campane ben comprende cosa sia un ritmo, nel senso più profondo ed umano del termine. E allora come s’intrecciano i ritmi biologici dell’uomo con il ritmo della musica? Per questa domanda non ho voluto cercare risposta in manuali di teoria musicale ma ho voluto, e ancora cerco, risposte più lontano: dentro l’uomo stesso. Mi occorreva dunque un libro che soddisfacesse una necessità di urgente bisogno: quella di “aspirare all’essenziale necessario per un cambiamento antropologico”.

Sono una musicista, un’insegnante di didattica della musica per l’esattezza; lavoro nel Gruppo di Ricerca Spaziomusica Area Didattica e con le colleghe ci occupiamo di trovare nuove strategie, proposte o soluzioni per comunicare e facilitare l’apprendimento della musica. Anche questo libro offre suggerimenti, riferimenti solidi e chiari, perché la musica e l’educazione musicale si incontrano con un modus vivendi et operandi simile a quello della Lumaca: lentamente. Questo è il fulcro dell’apprendimento, questo è il fulcro anche della Didattica Musicale. La didattica, la musica, richiedono osservazione, sguardo attento, ascolto e talvolta religioso silenzio. L’apprendimento accoglie le sfumature se si vien predisposti a percepirle e dunque percorrendo un percorso a misura d’essere umano. Condivido, sottolineo ed insisto dunque sull’importanza di andare lenti, con calma, abbandonando la tentazione di ambire e mirare ad un atto performativo. Regalandoci e restituendoci così “quella parte di noi che è la premessa di tutto”.

Questo è un libro sul buon senso, un libro per chi desidera rallentare, un libro, per usare le parole dell’autore, “sul senso del tempo educativo e sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento, per una scuola appunto lenta e non violenta. È un invito a riavvolgere il nastro che ci riporti ai ritmi della terra, ai ritmi biologici e fisici della terra, ai rituali vitali, forse alle campane ma non ai calcolatori. Rivalutare il tempo dell’attesa come via per ricentrarci biologicamente e spiritualmente. Chi ha tempo per aspettare l’arrivo di una lettera?” Secondo Zavalloni cambiare è possibile. “Scegliendo la leggerezza piuttosto che il peso del materialismo. Recuperare il senso dell’attesa è il grande segreto dell’apprendimento e della didattica, perché sviluppare la capacità di aderire a ciò che si sta facendo significa dare importanza al cammino e non all’arrivo”.
Zavalloni è innamorato della scuola, di ciò che essa rappresenta: una possibilità di crescita, formazione e completamento della persona. Ci propone uno spaccato di vita reale, non distante dal quotidiano, non diverso dalla vita a casa. Concepisce e desidera una scuola che non separi la persona da sé stessa. “In tutto ciò sta la scuola ideale, che non è la scuola reale, perché la vita è fatta di casualità e non di programmi. Allora ecco un esempio di strategie didattiche di rallentamento:

– Perdere tempo a parlare coi ragazzi: per conoscerli.
– Ritornare al pennino: l’atto d’intingerlo costringe a fermarti.
– Passeggiare, camminare, muoversi a piedi: sentire gli odori, provare sensazioni che creano legami.
– Disegnare anziché fotocopiare: solo così gli apprendimenti saranno nostri.
– Scrivere lettere e cartoline vere: è dedicare del tempo alla persona a cui scriviamo.
– Fare un orto a scuola: è un prendersi cura, esperienza di vera lentezza.

La lentezza sta nella parola, che ha la necessità di essere ascoltata, assimilata, non va veloce a passo di programma scolastico! La lentezza è un valore. La lentezza non è noia, stanchezza, perdita di tempo, debolezza o vecchiaia, ma è una moviola che ti fa notare e vedere i particolari e i dettagli”.

Qui e non solo s’intreccia la musica e l’apprendimento di essa.
Zavalloni trae nutrimento da altri colleghi, autori e viaggiatori, dai loro lavori. Tra i tanti ne voglio riportare due, sintesi e scia di questa Lumaca.

“Passeggiare è un’arte povera, un far niente pieno di cose […]. Passeggiare vuol dire partire per arrivare, senza impegno, perché ci si può fermare prima, cambiare percorso, inseguire un’altra idea, prendere una strada secondaria, fare una disgressione […]. Passeggiare è ritornare a sé stessi e a quella parte di noi che è la premessa di tutto è […]. Passeggiare non è tenersi in forma, ma dare forma alla vita, a farle capire le proporzioni, è la modesta preghiera degli arti inferiori”.

(F. Cassano, Modernizzare stanca. Perdere tempo, guadagnare tempo. Il Mulino, 2001)

Ciò che segue invece è un elogio alla semplificazione. Zavalloni riporta le idee di Munari che ha ben sintetizzato cosa sia la semplificazione:

“Complicare è facile, semplificare è difficile […]. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. Per semplificare bisogna togliere, bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più […]. Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità […]. Una antico detto cinese dice: Quello che non puoi dire in poche parole non puoi dirlo neanche in molte”.

Buona lettura!

Gianfranco Cavalloni (1957-2012)

È stato dirigente scolastico dopo sedici anni d’insegnamento nella scuola dell’infanzia. Dal 2008 è stato responsabile dell’Ufficio Scuola del Consolato d’Italia di Belo Horizonte (Brasile).

La Pedagogia della Lumaca – per una scuola lenta e non violenta – Edizioni EMI, 2012 – Bologna