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Lo studio si mette in gioco

L’approccio ludico come metodologia didattica ed educativa

Barbara Pitzanti

31 Agosto 2019

<<Ludendo docere, cioè insegnare giocando, è un motto molto antico: già i nostri antenati sapevano che il modo migliore per imparare le cose consiste nel farle, quando possibile, giocando… Non c’è incompatibilità tra gioco e studio. “Giocare seriamente” non è un ossimoro>>. (da “Giocastoria”)

Il valore educativo delle attività ludiche è universalmente riconosciuto e considerato in ambito pedagogico, soprattutto per quanto riguarda la primissima infanzia, ma ancora oggi Gioco e Studio vengono visti in antitesi, come se il gioco fosse semplicemente uno svago o addirittura una distrazione che porta via concentrazione e tempo allo studio, momento serio e responsabile.

Le nuove metodologie educative che si stanno diffondendo, in particolare quella della Didattica Ludica, sostengono e dimostrano, invece, che non solo questa incompatibilità sia inesistente, ma che sia possibile, appunto, “Giocare seriamente”.

Partendo dai lavori di Piaget, Vygotskii, Rogers e altri psicologi e pedagogisti illustri, che riconoscono l’importanza formativa del gioco, il metodo ludico applicato alla didattica si propone di rispondere ai bisogni degli allievi attraverso esperienze emotivamente coinvolgenti e gratificanti ed un linguaggio vicino, attuale e a tutti comprensibile.

L’approccio ludico, su cui si basa questo tipo di metodologia, può infatti essere proposto ad allievi di qualsiasi età e grado di istruzione e consiste in un atteggiamento curioso e di scoperta, uno sguardo esploratore ed indagatore verso la materia di studio. Si tratta di una strategia di tipo laboratoriale, che privilegia l’aspetto euristico e la scoperta attraverso la pratica del “fare” in cui lo studente è protagonista della costruzione delle proprie conoscenze ed impara attraverso l’esperienza diretta e la sperimentazione in un contesto creativo, socializzante e fortemente comunicativo, che permette lo sviluppo dell’autostima, dell’autonomia e della riflessione meta-cognitiva.

L’idea di una contrapposizione tra gioco e studio è riscontrabile anche nell’insegnamento tradizionale della musica e nel suo apprendimento, che prevede ore di applicazione ed esercizi con un alto livello di attenzione e presenza, talvolta proposti come una pratica ripetitiva o perfino noiosa, in cui spesso il divertimento trova spazio solamente nelle pratiche di propedeutica per bambini.

Tuttavia in campo musicale l’atteggiamento ludico trova una corrispondenza nelle recenti strategie didattiche, che mettono al primo posto la ricerca sonora, la sperimentazione, la creatività compositiva e l’esercizio di prassi come, per esempio, l’improvvisazione; esse pongono la scoperta del suono prima dell’applicazione del segno e, in particolar modo, la pratica prima dello studio della teoria.

Il docente di educazione musicale può quindi trarre vantaggio dall’intraprendere un percorso di ricerca, organizzato in funzione del processo formativo degli studenti che, proponendo una dimensione ludica e un’interazione attiva e partecipata, possa: sottolineare le caratteristiche personali dell’allievo, valorizzare il suo bagaglio pregresso di conoscenze sonore e culturali, favorire la curiosità e lo sviluppo della motivazione intrinseca, agevolare la capacità di porre e risolvere problemi, facilitare la socializzazione.

Ruolo centrale assumono anche la relazione tra pari e tra docente e discente, la considerazione dei tempi e degli stili di apprendimento, come pure le metodologie, che si spostano dall’insegnamento all’apprendimento e, quindi, dal risultato all’allievo, dalla verifica all’autoverifica e dagli strumenti di valutazione a quelli di autovalutazione.

E’ stato dimostrato che attraverso l’attività ludica si può implementare nell’allievo non solo la crescita motivazionale, ma anche un suo ruolo attivo e non da ascoltatore passivo, la possibilità di affrontare l’insuccesso in un ambito sicuro (l’insuccesso ludico ha una valenza diversa rispetto all’insuccesso scolastico), il learning by doing e il problem solving. E ancora: lo sviluppo di abilità trasversali (fondamentali nel processo di apprendimento), la cooperazione e la negoziazione, la comunicazione e la condivisione di regole, l’organizzazione in gruppi e processi decisionali singoli e collettivi, il rispetto dei punti di vista altrui e le pari opportunità, l’integrazione e la gestione dei conflitti, la cooperative learning e la peer education.

Nella Didattica laboratoriale di tipo Ludico, il Gioco diviene perciò un potente mezzo per comunicare concetti ed esperienze – appresi in modo inconsapevole, ma non per questo meno efficace – soprattutto grazie al clima disteso e piacevole che le attività contribuiscono ad instaurare all’interno del gruppo, stimolando la socializzazione a più livelli in ambito diverso dal quotidiano e permettendo una verifica immediata degli obiettivi raggiunti.

L’attività ludica è, inoltre, di supporto allo sviluppo di capacità personali dell’allievo come l’attenzione, la concentrazione, la qualità di presenza (abilità particolarmente preziose nello studio della musica), che hanno ricadute positive sull’andamento scolastico in generale e che diventano un bagaglio per la vita di tutti i giorni.

Giocare “seriamente” può essere, pertanto, d’aiuto a contrastare fenomeni negativi come l’abbandono dello studio dello strumento o addirittura dell’istituzione scolastica, favorendo lo sviluppo della motivazione intrinseca nei partecipanti, nel momento in cui l’attività ludica viene proposta come gioco vero e proprio e non tradisce l’obiettivo didattico-educativo dell’insegnante.

Secondo Luca Giuliano (docente di sociologia alla Sapienza e autore di manuali e giochi di simulazione), il gioco non nasce come strumento didattico: è un vero e proprio gioco e mira innanzitutto a divertire. Ma proprio in questo sta la forte presa su bambini ed adolescenti, oltre che sugli adulti.

L’educatore deve prestare, tuttavia, particolare attenzione a non esagerare con la “competizione”, spesso presente nei giochi più comuni: deve tenere conto che il procedimento è sempre più importante del risultato e che i giochi in cui “si vince e si perde” non sono l’unica forma possibile; ne esistono, infatti, di diverse tipologie, tra cui quelli cooperativi, durante i quali la sfida rimane comunque ma prende forma di sano agonismo tra due diversi gruppi o di impegno nel superare il proprio limite personale, assumendo, in questo caso, valenza di problem solving e di analisi del proprio stile di apprendimento. Variare le attività in base agli stili degli allievi è importante, in quanto riduce il rischio di frustrazione o lo annulla completamente, esorcizzando la paura del giudizio e dell’errore.

Come l’educatore, descritto da Delalande nel testo di pedagogia musicale “La Musique est un jeu d’enfant”, non è semplicemente un insegnante di regole, ma una figura capace di affiancare l’alunno nel suo percorso di scoperta e sperimentazione sonora, anche il docente, che decide di utilizzare il metodo ludico, deve essere pronto a preparare, calibrare e modificare la lezione, assumere una mentalità aperta, essere capace di motivare e stimolare le abilità creative dei singoli e del gruppo. Ma deve soprattutto essere un “facilitatore” – non giudicante – preparato a fornire agli allievi strumenti per l’espressione della propria creatività e il raggiungimento della propria autonomia. Attraverso percorsi individuali, seppur comuni al gruppo, e la considerazione delle idee degli studenti, applicando anche lo strumento dell’ascolto attivo, il facilitatore incoraggia i partecipanti a lavorare insieme, guidando la classe verso obiettivi condivisi.

Uno dei più affermati esperti in campo internazionale di “community music”, Lee Higgins (direttore dell’International Centre of Community Music), applica il metodo ludico e la “facilitazione” nelle pratiche di improvvisazione/composizione di gruppo, in cui il “giocare” è strettamente collegato, appunto, all’improvvisazione, alla sperimentazione, alla scoperta, e alla composizione. Durante l’attività di invenzione musicale il processo, lo scambio di idee tra allievi e la partecipazione di ogni singolo studente sono più importanti del risultato finale prodotto.

E’ possibile che la partecipazione ludica possa portare un prodotto “ben fatto”, ma il fattore più importante è che la musica viva come un processo in cui tutti i membri del gruppo entrano, fanno esperienza e si divertono. L’autostima degli individui all’interno di un gruppo, facilitato dal permesso di inventare, si afferma sempre con forza”. (L.Higgins)

Il momento ludico permette di avvicinarsi alle regole e norme musicali, ma concede anche la libertà di allontanarsi da esse e, come accade anche durante il gioco, “nelle pratiche musicali espressive gli errori possono essere apprezzati: in fase di apprendimento non è necessario percepirli come situazioni negative, piuttosto vanno proposti come aspetti importanti del processo creativo”. (L.Higgins)

In conclusione, come nelle pratiche d’improvvisazione anche nella variante educativa dei giochi lo studente è posto al centro del processo di apprendimento e partecipa, divertendosi, alla costruzione attiva della propria conoscenza, autonomia e consapevolezza. Proprio queste motivazioni fanno in modo che le attività ludiformi siano sempre più frequentemente inserite nella programmazione e progettazione di corsi e laboratori, rivolti ad allievi di ogni età e grado scolastico, e applicate da docenti e pedagogisti nell’insegnamento delle diverse discipline e ambiti educativi.

Giocare è una cosa seria!

I bambini di oggi sono gli adulti di domani

Aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi

Aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi

Aiutiamoli a diventare più sensibili.

Un bambino creativo è un bambino felice! (Bruno Munari, 1986)

e un adulto sereno!

Barbara Pitzanti

Ha conseguito la qualifica di Tecnico per la programmazione ed organizzazione di interventi/servizi socio educativi, il Diploma accademico in Didattica della Musica ed è laureanda in Musica Elettronica, presso il Conservatorio di Cagliari; ha studiato canto ed è tuttora membro del coro da camera del Conservatorio di Cagliari; ha composto le tracce sonore e musicali per rappresentazioni teatrali e spettacoli itineranti interattivi; si occupa di formazione ed è coordinatrice di numerosi progetti educativi-creativi-artistici presso scuole, centri d’aggregazione, biblioteche. Esperta di Didattica Ludica ed organizzatrice di eventi culturali e musicali, collabora con diversi Enti ed Associazioni culturali (tra cui Steam, Laboratorio K, Ticonzero) e con Aziende leader del settore ludico-educativo (tra le quali Dusyma e Unit Bricks) come workshop designer, consulente di educazione creativa e di marketing per le scuole; partecipa alla Fiera Didacta in qualità di docente di didattica innovativa e di formazione per insegnanti ed educatori.

Bibliografia più che essenziale

AAVV – “Musica per gioco, educazione musicale e progetto” a cura di Franca Mazzoli – Edt

Thomas Gordon – “Insegnanti efficaci, pratiche educative per insegnanti genitori e studenti” – Giunti

Beatrice Ligorio – “Come si insegna, come si apprende” – Le bussole, Carocci

AAVV – “Prima la pratica poi la teoria, aspetti di apprendimento informale in musica” a cura di Mario Baroni – Edt

Ida Maria Tosto – “Geometrie vocali, giochi di improvvisazione tra musica immagine e poesia” – Ricordi

Francois Delalande – “La musica è un gioco da bambini” – Franco Angeli Fiorella Cappelli, Alessandra Seggi, Giancarlo Buccino – “Il maestro, il bambino, la musica” – Edizioni Suvini Zerboni, Milano

Club TreEmme (avventura di Lorenzo Trenti, prefazione di Luca Giuliano) – “Giocastoria / Giocare e Imparare” – Studio TreEmme

Luca Giuliano, Andrea Angiolino, Beniamino Sidoti – “Inventare destini, i giochi di ruolo per l’educazione” – La Meridiana