Festival Spaziomusica 2011 (30° Edizione)
martedì 27 dicembre 2011, ore 21 (ingresso libero)
Cripta di San Domenico
Orchestra Jazz della Sardegna
Luca Lanza sax contralto e soprano
Dante Casu sax contralto e clarinetto
Massimo Carboni sax tenore
Teodoro Ruzzettu sax tenore e clarinetto
Marco Maiore sax baritono
Luca Uras, Emanuele Dau, Pietro Pilo, Giovanni Sanna Passino tromba
Gavino Mele, Roberto Chelo corno
Salvatore Moraccini, Emiliano Desole trombone
Roberto Tola chitarra
Mariano Tedde pianoforte
Alessandro Zolo contrabbasso
Luca Piana batteria e percussioni
Polifonica Santa Cecilia, Direttore Gabriele Verdinelli
Maestri sostituti: Laura Lambroni, Nino Cennamo, Matteo Desole
Marta Raviglia voce solista
Direttore Bruno Tommaso
Stefano Garau: Do diesis Requiem
Duke Ellington: Sacred Concert
- PRAISE GOD coro e orchestra
- HEAVEN soprano solo, coro e orchestra
- FREEDOM – SUITE
- To be contended coro e orchestra
- Freedom coro, sax alto e sezione ritmica
- Word you heard coro e orchestra
- Freedom is a word coro e recitato
- Sweet, fat and that coro e sezione ritmica
- Freedom – Svoboda recitato
- To be contended coro e orchestra
- THE SHEPHERD orchestra
- THE MAJESTY OF GOD soprano solo, coro e orchestra
- COME SUNDAY soprano solo e coro
- DAVID DANCED BEFORE THE LORD percussioni, coro e orchestra
- ALMIGHTY GOD coro e orchestra
- T.G.T.T. soprano solo e piano
- PRAISE GOD AND DANCE – FINALE soprano solo, coro e orchestra
Music from Sacred Concerts – Duke Ellington (1899-1974)
Nell’ottobre del 1962 la commissione di una composizione per l’inaugurazione della Grace Cathedral di San Francisco diede a Duke Ellington l’occasione per l’inizio di un personale percorso artistico e spirituale. Nasce così Concert of Sacred Music che vedrà un’applauditissima prima esecuzione nel settembre 1965 e un buon riscontro di vendite per la successiva incisione. Il successo fu rinnovato con l’esecuzione e la pubblicazione nel 1968 del Second Sacred Concert e nel 1973 del Third Sacred Concert la cui uscita precedette di appena sei mesi la scomparsa del suo autore. I testi, quasi tutti d’ispirazione biblica, avevano anche alcuni interventi dedicati alle problematiche razziali e d’integrazione sociale del popolo afroamericano, particolarmente sentite all’ epoca negli Stati Uniti, segnati dagli assassinii dei fratelli Kennedy, di Malcom X e di Martin Luther King. Ellington eseguì spesso varie selezioni tratte dai Sacred Concerts negli ultimi anni della sua vita, ma non lasciò mai una versione definitiva o delle partiture complete di quello che si può definire il suo testamento artistico: anche nelle ultime esibizioni modificò continuamente la successione dei brani in programma e gli arrangiamenti, work in progress stimolato dall’insoddisfazione, dalla necessità del momento e anche dall’incombere della fine del viaggio. La versione di stasera si basa sulla selezione, tratta da tutti e tre i Concerts, ricostruita e arrangiata da Hoybye e Pedersen nel ’93 sulla base degli scritti e degli ultimi concerti dell’autore, con una scrittura corale notevolmente più elaborata e importante rispetto alle prime esecuzioni. La presenza degli stili storici fondamentali del jazz, dalle radici spiritual alle tecniche più avanzate degli anni ’60, costituisce un interessante compendio della straordinaria personalità di Ellington, attualmente non a caso proiettato dalla critica in una dimensione più ampia e sfaccettata rispetto all’ambito della sola musica afroamericana. L’impegno dell’attuale produzione è stato affrontato dalla Polifonica Santa Cecilia e dall’Orchestra Jazz della Sardegna, due complessi che da tempo dimostrano il valore delle idee e degli artisti regionali anche in ambito nazionale e internazionale: la partecipazione inoltre di una delle più interessanti cantanti nel panorama nazionale, Marta Raviglia, e la direzione affidata al maestro Bruno Tommaso, in questo momento uno dei più importanti direttori-compositori nell’ambito del jazz europeo, aggiungono interesse all’esecuzione di un’opera ormai pienamente collocabile tra i grandi capolavori strumentali – corali del ‘900.
Do Diesis Requiem – Stefano Garau (1961)
Il Do Diesis Requiem, di autore sassarese, è basato su alcune parti della Missa pro defunctis, scelta determinata dal tentativo di unire credenti e non credenti nel confidare nel riposo dei defunti e nella pace per chi rimane. Le varie frasi sono inserite in una marcia funebre costruita su un basso ostinato che simula un corteo che passa per poi allontanarsi e spegnersi sulle ultime note basse, come un cuore che lentamente si ferma.
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E’ una coproduzione tra l’ABNO e l’Associazione Polifonica S. Cecilia di Sassari. L’ispirazione di base è stata quella di affrontare una produzione originale che permettesse la fusione tra una big band jazzistica e un ensemble vocale di prestigio per la realizzazione di un’opera sacra ma non priva di connotazioni sociali. I testi, quasi tutti d’ispirazione biblica, hanno infatti degli interventi dedicati alle problematiche razziali e d’integrazione sociale del popolo afroamericano particolarmente sentite negli anni ’60, periodo di composizione dell’opera. La produzione trae spunto dai tre concerti di musica sacra cui Duke Ellington lavorò con particolare devozione negli ultimi anni di vita e che rappresentano il suo testamento spirituale e artistico. La presenza di tutti gli stili storici fondamentali del jazz, dalle radici spiritual alle tecniche più astratte degli anni ’60, costituisce infatti un interessante compendio mediato dalla straordinaria personalità dell’autore, attualmente, non a caso, proiettato dalla critica in una dimensione più ampia e sfaccettata rispetto all’ambito della sola musica afroamericana. La versione in produzione è quella realizzata da Hoybye e Pedersen nei primi anni ’90 da un’attenta selezione e ricognizione degli scritti e delle ultime registrazioni di Ellington. L’autore non lasciò mai una versione definitiva dei suoi Sacred Concerts e anche neile sue ultime esibizioni modificò continuamente i brani in programma e gli arrangiamenti, work in progress stimolato dall’insoddisfazione, dalla necessità del momento e dall’incombere della fine del viaggio. Era necessario, per la resa dell’opera, che un’altra realtà culturale (nel caso specifico un coro di dimensioni ragguardevoli) divenisse parte attiva del progetto. Subito è nato l’interesse comune alla realizzazione dell’opera con la Polifonica S. Cecilia di Sassari, diretta dal maestro Gabriele Verdinelli, importante formazione nell’ambito della musica corale italiana. Il progetto vede anche la partecipazione di una delle più interessanti cantanti nel panorama nazionale, Marta Raviglia. La direzione è affidata al maestro Bruno Tommaso, attualmente uno dei più importanti direttori-compositori nell’ambito del jazz italiano.