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La Musica delle sfere

di Riccardo Bachis e Stefania Anna Russo

30 novembre 2020

 

Introduzione

 

Ecco la nuova orchestra: l’universo sonoro! Ed ecco i suoi nuovi musicisti: chiunque e qualsiasi cosa sappiano emettere un suono.”1

La citazione che vedete è stata illuminante per la creazione del percorso. Musica delle sfere è infatti un viaggio sonoro nello spazio all’interno del sistema solare, pensato come un soundscape secondo le idee di Schäfer. Il viaggio culmina in una installazione interattiva, ribattezzata Sphereophonia, che diventa il teatro di tre soundscape: uno basato sui suoni dei pianeti e del Sole registrati dalla NASA, uno con i suoni di Iglesias (dove si trova la scuola nella quale il progetto è stato realizzato) e l’ultimo con melodie composte dai ragazzi.

Destinato agli studenti della classe terza della scuola secondaria di primo grado, il progetto è nato come lavoro di due docenti, musica e lettere (geografia), e ha coinvolto in seguito il docente di arte e immagine, che ha collaborato alla creazione delle sfere.

 

Un po’ di storia

Il progetto nasce nel 2018 intorno alle suggestioni di Pitagora e Keplero sulla musica delle sfere, argomento che affascina i docenti ideatori.

L’idea viene da un video che mostrava la trasformazione in onde sonore (realizzata da ricercatori dell’Università dell’Iowa) della registrazione, fatta dalla sonda Cassino, delle intense ondate di plasma che si muovono da Saturno verso i suoi anelli e verso la sua luna Encelado2.Si è trattato di una sorta di scintilla, che ha acceso le menti di due insegnanti visionari in una calda mattina di luglio.

Nella sua prima ideazione, era un percorso molto diverso da quello poi attuato, basato su due punti: dopo aver studiato le caratteristiche fisiche dei pianeti, del Sole e della Luna (le sfere) e del suono, i ragazzi avrebbero dovuto creare una musica associata alle sfere, per poi, sulla base della musica creata, dare una forma plastica e pittorica al suono, ricavandone una rappresentazione visiva (e tattile, nel caso) della sfera associata.

Il progetto non fu attuato per questioni di tempo.

A cambiare completamente l’orizzonte è stato un corso di formazione e laboratorio realizzato dal CRS43 all’interno del progetto sperimentale IDEA della Linea B3 di Iscola4, al quale entrambi i docenti hanno partecipato, sia pure in ambiti differenti: la realtà aumentata e il making5.

Il corso prevedeva la creazione e realizzazione di un progetto scolastico che utilizzasse le tecnologie esplorate nel corso della formazione e che in qualche modo avesse un legame con il territorio. La difficoltà in via di ideazione è stata quella di trovare un modo creativo per fare in modo che la tecnologia fosse al servizio del progetto e non viceversa: la tecnologia, insomma, doveva essere uno strumento didattico, non un fine.

Sembra un processo semplice e lineare, ma piegare la tecnologia agli scopi della didattica ha richiesto il raggiungimento di una padronanza per nulla elementare delle tecnologie e degli strumenti. Abbiamo deciso così di recuperare l’idea “incompiuta” di Musica delle sfere, rendendola più ambiziosa, grazie ai nuovi strumenti scoperti nei corsi di formazione IDEA.

All’interno dei corsi di formazione, infatti, è avvenuta la scoperta di Metaverse e Makey Makey, che è stata illuminante e decisiva, in quanto ha fornito degli strumenti che hanno permesso di “osare”, andando ben oltre l’idea originale.

Metaverse6 è una applicazione per la realtà aumentata, che ci ha consentito di viaggiare nello spazio superando i limiti della realtà locale, pur rimanendo ancorati ad essa, elemento che ci sembrava essenziale per la costruzione di una didattica inclusiva.

Makey Makey7 è invece una versione ridotta e semplificata di Arduino, e ci ha fornito l’idea di costruire un’installazione interattiva del sistema solare, che permettesse una esperienza sensoriale (sonora in modo particolare) immersiva.

Questi strumenti, come detto, hanno stravolto l’orizzonte del progetto, che è stato completamente rivisto nel suo impianto.

 

Il progetto didattico

Il fulcro del lavoro è il paesaggio sonoro, associato, in una prospettiva multidisciplinare, ad un viaggio (percorso) all’interno del sistema solare.

Abbiamo pensato di veicolare il raggiungimento di alcune competenze (non solo disciplinari) attraverso la realizzazione di prodotti multimediali e interattivi, orientati alla realizzazione di un evento finale di restituzione.

Dal punto di vista didattico, le discipline fondanti sono musica e geografia, ma con frequenti e necessarie escursioni in campo scientifico (sia per le caratteristiche del suono che per quelle dei pianeti e del Sole), artistico (la realizzazione pratica delle sfere), tecnologico (circuiti elettrici), nel coding (con Scratch8) e nel making.

Essenziali sono state alcune competenze trasversali, come l’espressione orale, la capacità di lavorare in gruppo, l’analisi e valutazione critica del lavoro proprio e altrui, le capacità organizzative.

Questo progetto, in ogni sua fase, dall’idea, alla progettazione, alla realizzazione fino all’evento finale, è frutto di un costante lavoro di team tra i docenti, fatto di stimoli continui e soprattutto di un lungo e affascinante percorso di esplorazione e sperimentazione, talvolta anche un po’ caotico, nel quale ci ha aiutato a mettere ordine l’utilizzo del learning designer9

 

Le fasi pratiche

Definita l’idea si trattava di metterla in pratica. Il metodo più efficace ed efficiente ci è sembrato dividere il lavoro in due fasi parallele: il viaggio sonoro e l’installazione, che per mera comodità di presentazione affronteremo separatamente.

Il viaggio sonoro

Il viaggio è un percorso in tre tappe a partire dall’esplorazione dell’universo sonoro che circonda i ragazzi. Un viaggio quindi che inizia dentro il suono inteso come fenomeno fisico, prosegue attraverso l’ascolto e la ricerca dei suoni concreti del soundscape e si conclude con la musica delle sfere e il laboratorio compositivo.

Partire dal suono ha consentito ai ragazzi di porre l’attenzione sull’ascolto, focalizzandosi sui parametri del suono, senza soffermarsi troppo sugli aspetti puramente fisico-acustici.

Il primo obiettivo è consistito nell’orientare l’attenzione dei ragazzi verso il suono, che come elemento invisibile è difficile da cogliere, in modo particolare per una generazione abituata a pensare la musica perlopiù in unione a un elemento video. Così affinchè i ragazzi potessero comprendere il suono e le sue caratteristiche in modo più significativo si è fatto uso di trasposizioni visive, più o meno creative, che sono state utili per invitarli alla restituzione di un codice grafico notazionale di loro invenzione, utilizzato e condiviso nella fase compositiva finale.

Visualizzare in qualche modo il suono ha consentito ai ragazzi di riflettere su alcuni aspetti dello stesso, che percepiti in modo puramente uditivo sarebbero sfuggiti alla loro attenzione, e li ha al contempo stimolati a confrontarsi con modalità di rappresentazione del suono diverse da quella convenzionale a cui erano abituati.

La creazione di un codice simbolico non convenzionale da parte dei ragazzi si è rivelata un’operazione niente affatto semplice e forse avrebbe meritato uno spazio maggiore. Ha contribuito non poco a questa complessità l’abitudine a utilizzare la notazione convenzionale in modo passivo e senza riflettere sul significato proprio della scrittura stessa, che li ha portati a pensare questa operazione in maniera standardizzata, quasi fosse una banale opera di compilazione e non un atto creativo.

Utilizzare la capacità visiva è stato un espediente che è servito per avvicinare i ragazzi all’ascolto di suoni da loro percepiti come rumori, per lo più sgradevoli al loro orecchio. Sganciarsi da una cultura orientata al suono puro, pulito, intonato, è un’operazione non facile soprattutto in questa fascia di età in cui il gusto musicale rappresenta un forte elemento di identificazione, e in cui tutto ciò che non incontra il loro gusto viene etichettato come non bello. Avevamo quindi bisogno che i ragazzi, in qualche modo, si distaccassero dalla dimensione del gusto personale, e per fare questo era necessario sviluppare un ascolto attivo e consapevole, non casuale e passivo.

Attivando l’orecchio diventava possibile andare alla scoperta dei suoni della città, quelli che sfuggono a una attitudine passiva abituata a percepire lo spazio utilizzando per lo più la vista, quelli che caratterizzano uno spazio anche nella sua dimensione storica e geografica. Suoni scelti per identificare un luogo della città e catturati dai ragazzi stessi attraverso i loro dispositivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I suoni individuati e quindi registrati nelle aree appositamente scelte dai ragazzi sono serviti successivamente per la realizzazione di una sorta di sistema solare locale.

 

Una volta raccolti i suoni, si è pensato a come poterli migliorare, ma alla fine si è scelto di utilizzarli senza alcun intervento significativo di manipolazione, se non tagliare le parti più interessanti da un punto di vista sonoro e aggiungere un po’ di fade in e fade out su ogni traccia, attraverso il software Audacity10, che è anche servito per sperimentare l’effetto compositivo di sovrapposizione e per stabilire la sequenzialità dei vari ingressi.

  • Con le radici ben salde nella realtà locale, il percorso sonoro è proseguito verso i limiti della percezione sonora: lo spazio, il sistema solare. Partendo da una domanda: “Ci sono suoni nello spazio?”. 
  • Perché, come uno dei ragazzi fa notare, nello spazio non c’è aria e non è possibile percepire alcun suono. E quindi nello spazio non c’è alcun suono. Ma sarà davvero così?.

 

Inizia così una sorta di viaggio nel tempo con due guide di eccellenza, Pitagora e Keplero, che hanno condotto i ragazzi, utilizzando Metaverse, alla scoperta della Musica delle sfere, dalle ipotesi delle due guide fino all’ascolto (attivo) dei suoni “reali” del sistema solare, registrati dalla Nasa.

L’ascolto attivo dei suoni dei vari pianeti ha consentito di elaborare un’analisi sulle qualità sonore di ciascun corpo celeste, che ha successivamente consentito di creare una sorta di “grammatica sonora”, dalla quale ha preso avvio il laboratorio di composizione. Affinché il processo compositivo non fosse totalmente aleatorio, è stato chiesto ai ragazzi di associare alcune caratteristiche del suono a dei parametri fisici dei corpi celesti: la scelta è ricaduta su massa e velocità di rivoluzione, associate rispettivamente ad altezza e durata del suono.

La fase successiva è stata la composizione in coppia di una musica associata al pianeta, che rispettasse le regole grammaticali stabilite in precedenza. Si è optato per l’utilizzo della scala pentatonica per ricreare un’armonia più consonante e gradevole all’orecchio. Lo strumento utilizzato è stata una tastiera con suoni campionati.

I ragazzi avevano a disposizione delle schede strutturate, al cui interno dovevano indicare il registro scelto e trascrivere la melodia improvvisata attraverso un codice notazionale, non convenzionale, condiviso nella scheda.

Il laboratorio compositivo è stato condotto, con la supervisione della docente di musica, all’interno di uno spazio apposito, dove le coppie erano isolate dal resto della classe. I ragazzi erano liberi di scegliere come lavorare. La maggior parte di loro, dopo aver sperimentato varie possibilità sonore in relazione alle caratteristiche fisiche del pianeta, ha lavorato sulla ricerca di una melodia, che è stata successivamente registrata attraverso un microfono collegato ad Audacity.

Le varie tracce sono state condivise con tutta la classe e successivamente modificate sperimentando i diversi effetti proposti dal software. I ragazzi hanno così composto un paesaggio sonoro immaginario e attraverso la sovrapposizione delle varie melodie hanno dato vita ad una composizione collettiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I suoni per così dire originali delle sfere11 sono stati scaricati e preparati, come gli altri: ogni traccia sonora, per evitare problemi con Scratch (che non gestiva bene l’interruttore all’interno di un ciclo infinito di ripetizione) è stata montata in loop sino a raggiungere la durata di circa 10 minuti (più che sufficiente visto che ogni performance aveva una durata media di 3-4 minuti) in un file mp3 caricato poi su Scratch.

 

 

 

 

 

 

 

La fase finale di questo percorso è stata la realizzazione del Metaverse associato ad ogni sfera, che contiene una galleria di immagini, una pagina di informazioni, un video e i suoni associati ai tre soundscape.

 

 

 

 

 

 

 

Lavorando in coppia, i ragazzi hanno creato quindi per ogni corpo celeste una experience (così sono chiamate in Metaverse) dedicata al corpo stesso, scelto un video, creato una galleria di immagini (pubblicata sul web con Google Presentazioni perché fosse pubblica e auto avviante) e inserito tutto nell’esperienza in AR, fruibile con qualsiasi dispositivo e attivabile tramite un QRCode.

 

L’installazione

Per l’installazione il primo problema era come realizzare le sfere: dovevano essere infatti abbastanza leggere da poter essere appese al soffitto in completa sicurezza e naturalmente possedere una superficie sulla quale si potesse dipingere con colori di semplice reperibilità, senza dover ricorrere a vernici particolari (e particolarmente costose).

Abbiamo optato per utilizzare delle sfere di polistirolo di diametro variabile (dai 50 cm del Sole ai 12 cm di Mercurio per i pianeti, più i 5 cm della Luna e delle minuscole sfere da 1 cm per gli asteroidi), molto leggere e facili da maneggiare.

Ogni sfera è stata ricoperta con il gesso liquido, per creare una superficie sulla quale si potesse disegnare.

 

 

 

 

Prima di procedere con il disegno, le sfere, sorrette dai ragazzi, sono state utilizzate per simulare l’installazione, in modo da trovare per ognuna la posizione ideale. Tracciati sul pavimento i segni in corrispondenza di ogni sfera, le stesse sono poi passate alla fase di pittura, realizzata, in colori acrilici, in collaborazione con la docente di arte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il problema più grosso (e stimolante) è stato però trovare una soluzione funzionale ed elegante per attivare i suoni al tocco. Ogni sfera, infatti, doveva, al tocco della mano, produrre un suono.

Scartata l’idea di realizzare un interruttore con carta e copper tape12, abbiamo deciso di inserire all’interno delle sfere due fermacampioni collegati con del filo di rame, uno per la massa e uno per la corrente, sistemati lungo la fascia equatoriale della sfera (ad eccezione del Sole, nel quale si trovavano nell’emisfero sud). In questo modo, pur senza essere direttamente collegato al sistema, il visitatore poteva attivare il suono toccando contemporaneamente i due fermacampioni.

 

 

 

 

 

 

Il contatto, gestito da poche semplici righe di codice su Scratch, funzionava come un interruttore: il primo tocco attiva, il secondo spegne.

I due fili, all’esterno della sfera, erano poi collegati a fili di rame più lunghi, che tenevano sospese le sfere al soffitto, collegandole al contempo ai Makey Makey sistemati su dei banchi posti lungo una parete dell’aula.

Terminati i collegamenti e il disegno, le sfere sono state ricoperte con uno strato di pouring che le ha rese lucide.

Ultima operazione: i collegamenti tra sfere e Makey-Makey. Unica fase svolta interamente ed esclusivamente dai docenti (per motivi di sicurezza): usando del filo di rame, del copper tape e un po’ di nastro isolante, sono stati creati sul soffitto i circuiti elettrici.

Si è passati poi alla realizzazione dell’installazione interattiva: Spherephonia.

 

 

 

Le sfere sono state appese al soffitto e collegate ai fili di rame dei circuiti precedentemente creati e tramite essi collegate ai Makey Makey e ai computer sui quali erano stati caricati, grazie a Scratch, i programmi per gestire le performance sonore. Un test non proprio veloce per sistemare tutti i problemi di collegamento e questa fase era davvero terminata.

 

L’evento finale

Dopo il test sono cominciate le prove per l’evento finale, previsto come restituzione alla comunità di appartenenzadel lavoro fatto nei mesi precedenti.

Interamente gestito dai ragazzi, l’evento comprende tre fasi: accoglienza dei visitatori e omaggio all’ingegno umano in occasione del cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla luna; viaggio interattivo nel sistema solare in realtà aumentata; performance sonora immersiva all’interno di Sphereophonia.

L’avventura comincia all’ingresso della scuola, dove un usciere aspetta e accoglie i visitatori, che hanno ricevuto precedentemente un invito scritto. Su un banco sono posti gli inviti ufficiali e delle piccole strisce di carta contenenti il pianeta (e relativo QRCode) dal quale iniziare l’esplorazione, per evitare code e ritardi.

 

 

 

 

All’orario previsto per l’inizio due guide, accompagnate dai responsabili tecnici, si presentano ai visitatori e li conducono su per le scale, verso la zona dell’evento. Al piano superiore intanto era stato allestito il setting dell’evento: lungo il corridoio erano stati appesi i cartoncini colorati con i QRCode delle sfere e al centro, di fronte alle scale, era stata installata una postazione video, con un proiettore.

 

 

Condotti i visitatori a metà delle scale, viene fatto partire il video del primo sbarco sulla Luna, nostro omaggio all’ingegno umano in occasione del cinquantesimo anniversario. Dopo aver assistito al video, i visitatori cominciano l’esplorazione del sistema solare in autonomia, ma con l’aiuto (se necessario) dei nostri assistenti tecnici.

 

 

Terminata l’esplorazione, dai due lati del corridoio i visitatori vengono raggruppati al centro, pronti ad entrare in Sphereophonia.

Intanto ai visitatori si sono uniti 4 ragazzi, che danno vita a una piccola scena teatrale: un dialogo tra Keplero, Pitagora, Margherita Hack e una studentessa della classe, che parlano della musica delle sfere e del sistema solare, mentre la studentessa cerca di spiegare che cosa vedranno all’interno.

Dopo la raccomandazione da parte delle guide di stare all’interno in assoluto silenzio, si può finalmente entrare.

Ad accogliere i visitatori è una stanza buia, dove solo la sfera Sole brilla di una debole luce fosforescente. I ragazzi sono seduti, ognuno nella propria postazione.

 

 

Si assiste a tre performance sonore, tutte con la stessa modalità: una luce indica la sfera da accendere (una per volta) sino a quando tutte sono accese. Qualche decina di secondi, poi le sfere vengono spente, una per una, nello stesso ordine di accensione. Al termine delle performance, i docenti presentano i ragazzi, poi ringraziano il pubblico e mostrano un video del making of del progetto, e i visitatori possono girare liberamente tra le sfere e provarle. Infine, le guide accompagnano i visitatori in un’altra stanza, dove possono lasciare un feedback, sia scritto su carta, sia usando Metaverse e i QRCode appesi alle pareti per lasciare un messaggio audio o video.

 

Un bilancio

Molti aspetti del progetto sono difficili da rendere. Si è trattato di un percorso lungo e complesso, che ha prodotto una performance obiettivamente di non facile fruizione, sia perché il concetto di soundscape non è di comune dominio, sia perché era richiesto ai visitatori qualcosa di forse ancora meno comune: l’ascolto attivo in totale silenzio per un tempo compreso tra i dieci e i quindici minuti.

La complessità del lavoro non è solo concettuale, ma anche progettuale e realizzativa, a partire dalla costruzione delle sfere sino alla installazione, passando per l’utilizzo di Scratch, di Audacity e degli altri software.

Il progetto in sé è stato pensato in funzione del compito di realtà finale: la realizzazione di un evento destinato alla comunità, progettato e costruito in collaborazione dai docenti e dagli studenti.

La prima fase, nella quale ancora ai ragazzi non era stato detto in cosa sarebbe consistito il progetto, si è svolto in una modalità più tradizionale: lo scopo era di fornire le competenze e le conoscenze necessarie ad affrontare le fasi successive.

Terminata questa fase, che potremmo definire informativa e di base, i docenti hanno presentato più in dettaglio il progetto e il compito di realtà. Con le conoscenze necessarie, e potendo sempre ricorrere all’aiuto dei docenti, i ragazzi hanno affrontato il resto del progetto come una recita a canovaccio, all’interno di strutture non rigide, ma flessibili e modellabili a seconda delle esigenze.

Si è trattato di un percorso cooperativo, in cui la maggior parte dei ragazzi ha messo le proprie capacità e competenze a servizio del compito, per così dire, fornendo aiuto ai compagni più in difficoltà.

E cooperazione è forse la parola chiave di tutto il percorso, a partire dalla stretta sinergia dei due docenti, che hanno lavorato per mesi (dalla progettazione alla realizzazione) discutendo ipotesi, vagliando possibilità, eliminando opzioni non funzionanti o poco eleganti, sempre e comunque in stretta connessione.

Connessione che è stata poi aperta ai ragazzi, che hanno dato il loro contributo con l’entusiasmo che contraddistingue gli adolescenti che sentono di far parte di qualcosa cui tengono.

Questa connessione ha alla fine incluso la comunità locale, che ha potuto così ammirare e apprezzare il prodotto finale, pur senza avere una chiara consapevolezza della complessità del lavoro sottostante. Che era uno degli obiettivi del progetto!

Nonostante non sempre si sia riusciti ad ottenere un silenzio assoluto, comunque il pubblico ha tenuto un comportamento corretto, catturato dalle suggestioni sonore e guidato nel percorso dal gioco di luci, mostrando un gradimento sincero e a tratti entusiastico, che è cresciuto quando è stato svelato il funzionamento delle sfere e tutti sono venuti a conoscenza della complessità del lavoro e del tempo dedicatogli.

I commenti e le richieste di replica ne sono una testimonianza evidente.

La performance è stata replicata più volte e riadattata anche per un pubblico di bambini della scuola primaria, che si sono immersi nella performance e, rispettando il silenzio richiesto (che per loro non era poco!), sono rimasti affascinati dai suoni dello spazio e forse ancor più dal riconoscere in quel contesto estraneo (a scuola) i suoni della propria città.

Il progetto ha avuto una certa risonanza anche al di fuori dell’ambito prettamente scolastico. Oltre ad aver partecipato al Premio scuola digitale, è stato scelto tra le esperienze di didattica innovativa presentate al convegno internazionale “Connessione tra tecnologie e didattica – L’esperienza del progetto IDEA”13.

 

 

 

Il percorso, raccontato dai due docenti ideatori, è stato accolto con vivo interesse sia dal pubblico che dagli esperti presenti al convegno.

E i ragazzi?

Per loro è stata una esperienza senza dubbio impegnativa, ma l’entusiasmo e il sentirsi parte di un progetto comune li hanno portati a lavorare senza lamentarsi, anzi spingendo perché il lavoro potesse proseguire anche al pomeriggio, e mostrando in ogni fase di divertirsi e apprezzare sinceramente il lavoro. Ma soprattutto di aver piacere di stare assieme: ai compagni e ai due insegnanti, che hanno avuto piacere di stare con loro e lavorare con loro e li ringraziano per aver trasformato una bella idea in un meraviglioso ricordo. Grazie!

Riccardo Bachis e Stefania Anna Russo

 

 

Note bibliografiche

1 Schäfer, Paesaggio sonoro, Unicopli Ricordi, 1985, p. 16

2 Il video, per chi fosse interessato, è disponibile su YouTube all’indirizzo https://youtu.be/hWHLCHv4PiI.

3 Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna: https://www.crs4.it/it/

5 https://www.ideab3.it/tematiche/. Il corso SSP – Scuola senza pareti (livello base) era dedicato alla realtà aumentata; il secondo corso, Il pensiero computazionale: Robotics, IoT, coding (livello avanzato), riguardava in buona parte il making con Arduino.

11 Cioè, semplificando, la trasposizione in onde sonore percepibili dall’orecchio umano delle vibrazioni elettromagnetiche prodotte dal corpo celeste: per saperne di più https://aerospacecue.it/suoni-dallo-spazio/3956/

12 Questa soluzione aveva il problema della scarsa sensibilità e costringeva il visitatore a tenere in mano un filo di rame per poter attivare il suono.

13 Svoltosi nel mese di febbraio 2020. https://www.crs4.it/it/ricerca/societa-dellinformazione/tecnologie-delleducazione-per-la-didattica/progetto-tutti-a-iscol-linea-b3-idea/convegno-internazionale-progetto-idea/

Riccardo Bachis

Laureato in Lettere moderne all’Università di Cagliari, ha una passione per i fumetti, l’informatica, lo sport, la chitarra e la fisica, oltre che per i libri.
Insegna in una scuola secondaria di primo grado, dopo una significativa esperienza come informatico freelance.

Ora si occupa di didattica attiva e multimediale, di applicazioni della tecnologia al mondo della scuola e di valutazione.
A tempo perso continua a giocare a tennis e a leggere.

Stefania Anna Russo

Laureata in Musicologia e beni musicali all’Università di Bologna, si diploma in Pianoforte al Conservatorio di Cagliari. Ha conseguito la laurea in Didattica della musica indirizzo strumentale presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Modena e il diploma di Specializzazione per l’insegnamento della musica per l’istruzione secondaria presso l’Università di Bologna, dove consegue inoltre la specializzazione per il sostegno. Frequenta l’anno di tirocinio formativo per il conseguimento dell’abilitazione in strumento (pianoforte) presso il Conservatorio di Cagliari.

Da anni svolge laboratori musicali per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria, e ha insegnato propedeutica musicale presso le scuole civiche di musica.
Insegna musica e sostegno nella scuola secondaria di primo grado, dove sperimenta percorsi inclusivi, con l’utilizzo di vari modelli e pratiche. Convinta sostenitrice dell’importanza della musica e dell’educazione musicale nello sviluppo globale di ogni individuo, valorizza lo sviluppo dell’identità creativa attraverso un approccio naturale, affettivo ed emotivo, con l’obiettivo di realizzare il benessere individuale e collettivo.

Si interessa di didattica e ricerca in campo musicale e dal 2017 fa parte del gruppo di ricerca e sperimentazione Spaziomusica Didattica.

BIBLIOGRAFIA  E  SITOGRAFIA

Bibliografia

 

Schäfer, Paesaggio sonoro, Unicopli Ricordi, 1985

Schäfer, La nuova orchestra: l’universo sonoro, Suvini e Zerboni, Milano, 1988

Schäfer, Educazione al suono. Cento esercizi per ascoltare e produrre il suono, Ricordi, Milano, 1998

N. De Giorgi e M. Vitali, Tracce di suono. Paesaggi elettroacustici nell’educazione al suono e alla musica, Franco Angeli, 2013

K. Smith, Come diventare un esploratore del mondo, Corraini, 2011

K. Robinson, Scuola creativa. Manifesto per una nuova educazione, Erickson, 2016

Colleen Graves and Aaron Graves, 20 Makey Makey Projects for the Evil Genius, McGraw-Hill Education, 2017

 

Sitografia

 

Tecnologie

Metaverse: https://studio.gometa.io/

Makey Makey: https://makeymakey.com/

Scratch: https://scratch.mit.edu/

Audacity: https://www.audacityteam.org/

Learning Designer: https://www.ucl.ac.uk/learning-designer/

 

Riferimenti teorici

http://www.dadarivista.com/Singoli-articoli/2013-giugno/5.pdf

https://www.musicadomani.it/in-questo-numero/

http://users.unimi.it/gpiana/dm10/paesaggio/serra/serra.html

https://www.researchgate.net/publication/259559028_Le_impronte_del_paesaggio_sonoro_Un’opportunita_per_la_didattica_della_storia_e_della_geografia

 

Esempi di prassi didattiche

https://s3-eu-west-1.amazonaws.com/musicheria.net/attachments/article-a/1098/1%20Comporre(con)%20paesaggi%20sonori.pdf

https://s3-eu-west-1.amazonaws.com/musicheria.net/attachments/article-a/215/PAESAGGIOSONORO.pdf

https://www.musicheria.net/attachments/article/5228/PAESAGGI%20SONORI%20VISSUTI%20E%20IMMAGINATI.pdf

https://docplayer.it/19752920-Esperienze-creative-con-i-paesaggi-sonori-di-ieri-e-di-oggi-elita-maule.html

http://media.giuntiscuola.it/_tdz/@media_manager/636076.info6b-tutorial-8VOQD2WM.pdf?mediaId=336668&cmg_defaultViewer=cmg_MediaServer