Didattica » Musica Studio

La Musica è un gioco da bambini

Recensione di Francesca Romana Motzo

30 aprile 2017

“Il bambino, nel suo gioco spontaneo con i suoni, fa, già dai primi mesi di vita, della musica; quest’attività deve quindi essere considerata, valorizzata e sottratta alla banale “sfera” del rumore.”

Delalande, marca in questo libro, la linea del suo pensiero sostenuta da presupposti quali la differenza tra comportamento e condotta, l’acquisizione tecnica e lo sviluppo di attitudini e sensibilità sononoro-musicali, essere un musicista ed essere musicale, l’ascolto in sé e l’ascolto musicale.
Differenze sottili, a volte non facili da cogliere ma che conducono tutte al senso di pedagogia che ormai da trent’anni l’autore promuove e sviluppa: la pedagogia del risveglio – “l’éveil musical”, ovvero un lavoro pedagogico basato sull’attivazione e lo sviluppo progressivo delle attitudini, motivazioni e capacità del bambino.
La figura dell’educatore, in questo caso, si apre ad una nuova prospettiva, quella di guida e di “facilitatore” della crescita musicale del bambino e non più colui che insegna faticosamente la musica inserendo l’allievo in un sistema musicale rigido e predefinito.
In merito a quest’ultimo punto, troverete nel testo, il suo pensiero anche in merito a quale tipo di ascolto sia più conveniente proporre per sostenere un libero e personale sviluppo della sensibilità musicale, ovvero di quanto ascoltare musica tonale fin dal principio, non crei dei limiti all’accoglienza di musiche non appartenenti alla propria cultura ma soprattutto inibisca quella componente immaginifica e creativa che deve appartenere a questa condotta espressiva.
L’autore sostiene anche, che quanto più l’esperienza preliminare di ricerca sonora e di creazione sarà stata profonda ed avrà sviluppato il senso musicale, tanto più il lavoro tecnico, dopo, sembrerà naturale e necessario.
Per comprendere quanto sia importante questa fase di esplorazione sonora, occorre evidenziare un postulato di Delalande, che riprende il titolo di questo testo; definire la musica come “un gioco da bambini” non ne diminuisce il suo valore, al contrario lo esalta se si tiene conto del paragone che egli sostiene, tra l’espressività sonora del bambino, e quella del musicista adulto, ovvero ciò che è contenuto nel prodotto musicale e il processo intenzionale che porta alla sua realizzazione.
Lo sviluppo del gioco infantile, secondo Piaget (senso-motorio – simbolico – di regole) offre all’autore una linea guida chiara e precisa, per sostenere la relazione tra attività musicale del bambino e dell’adulto.

La PRIMA FASE ci riporta alla condotta esplorativa, di scoperta e sperimentazione sonora, che nel bambino si traduce in manipolazione di qualsiasi oggetto arrivi alla sua portata e conseguente sviluppo di gestualità differenti a seconda delle potenzialità sonore dello stesso. Ugualmente dicasi per l’esplorazione vocale, strettamente legata al piacere dato dalla produzione di vibrazioni sonore all’interno della cavità orale.
Nel musicista adulto, troviamo la medesima condotta esplorativa nel momento in cui egli cerca una particolare e precisa sonorità, dallo strumento o dalla voce.

La SECONDA FASE è quella in cui il bambino attribuisce al suono la capacità di rappresentare, di avere un senso e di evocare personaggi, movimenti o situazioni. In questa fase, la produzione sonora non è più solo il risultato di un’esplorazione, bensì di una precisa volontà di esprimersi col suono.
Va da sé la dimensione del musicista adulto in merito a questo punto.

La TERZA FASE riguarda la volontà e capacità di organizzare (il gioco con le regole); il bambino tra i cinque e sette anni scopre il piacere di applicare delle regole ai propri giochi e di crearne di nuovi; in merito al nostro focus, parliamo del piacere di organizzare i suoni scoperti secondo regole stabilite dal bambino stesso.
Nell’adulto invece, troviamo l’attività compositiva ed analitica.

Questa specifica, per valorizzare l’attività sonora del bambino, non tenendola in un ambito di casualità, stereotipizzando la sonorità scoperta al semplice rumore e non supportando questo possibile sviluppo di attitudine, in attesa di un apprendimendo tecnico più codificabile.

“Cosa significa dunque fare musica? Questa è la domanda che deve innanzittutto porsi chi riflette sulla pedagogia.”
Secondo quanto detto fin’ora, la finalità di un educatore che interagisce con un bimbo è quello di formarlo a tutto ciò che possa precedere l’acquisizione tecnica.
Ciò significa che non dovrà avvalersi di strumenti preconfezionati in termini di moduli didattici o materiali specifici finalizzati solo alla semplice competenza, ma dovrà essere capace di creare le condizioni necessarie per far nascere spontaneamente la motivazione nel bambino, dunque la sua proposta, il senso critico esigente e la nascita di progetti ambiziosi.
Ecco perchè nei diversi dialoghi (modalità con la quale si è scelto di affrontare questi argomenti, tenuto conto che la maggior parte del materiale del testo è frutto di un ciclo di trasmissioni radiofoniche avvenute a Parigi sul tema del Risveglio musicale), troverete risposte che in qualche modo potranno suscitare la motivazione dell’educatore a trovare il miglior modo per guidare e far emergere.
Infine, non è trascurabile il coinvolgimento del bambino nella sua totalità, nel momento in cui vive la sua esperienza sonora, che sia esplorativa od espressiva. A parte il suo immaginario che nutre costantemente la sua creatività, a livello gestuale e motorio, la dedicazione è completa.

“La musica si fa con le mani e con il soffio e il suono è la traccia del gesto che lo produce”.

Questa affermazione pone il suo sguardo sul concetto di ritmo, il quale non potrà mai avere un significato assoluto per tutte le culture; ciò che invece ci interessa è l’aspetto motorio che ne consegue, senza cadere appunto, su una predominanza di metrica occidentale (vedasi il discorso sviluppato sull’ascolto musicale).
Ciò che emerge è nuovamente il legame tra suono e movimento/gesto e cosa questo possa rappresentare nei primi anni di vita.
Ecco l’importanza anche da questa prospettiva di una pedagogia del risveglio, motorio in questo caso, laddove, ancora una volta l’educatore non potrà proporre un sistema ritmico- musicale predefinito, ma agevolare l’attitudine, la sensibilità e la produzione del bambino stesso.

La scelta di questo testo avviene per due motivi; il primo è l’importanza della produzione sonora del bambino, che solo da qualche anno mi concedo di confrontare con una produzione musicale dell’adulto, trovando similitudini, differenze e valori estetici e confermandone il valore importante.
La seconda riguarda il legame tra suono e movimento, campo d’indagine che in quest’ultimo periodo prediligo e che mi concede momenti di condivisione sonora molto importanti, tanto da placare ogni qualsiasi dubbio sul prendersi un buon tempo da dedicare all’espressione ed allo sviluppo di entrambi i canali.
Uno dei miei desideri più grandi è quello di leggere libri sulla pedagogia musicale (ma lo penso per la pedagogia a tutto tondo), che non risultino un semplice “libretto di istruzioni”, ma che siano capaci di nutrire le mie riflessioni donandomi delle suggestioni, affinchè la mia elaborazione possa in modo creativo trovare le soluzioni didattiche personalizzate, non solo per ogni mia classe ma anche per ogni mio studente.

Francois Delalande

È il direttore delle ricerche teoriche del Gruppo Ricerche Musicali dell’INA di Parigi.
Sin dagli anni settanta ha rivolto i suoi studi alle condotte d’ascolto e di produzione della musica, con particolare attenzione ai bambini. E’ uno dei principali innovatori della pedagogia musicale orientata verso la pratica creativa. Coordinatore di molte esperienze educative in Francia, ha lavorato in diversi paesi europei e in Italia, dove attualmente, insegna presso la scuola di Animazione musicale promossa dal Centro Studi “Maurizio Di Benedetto” di Lecco. Sue opere sono state tradotte in diversi paesi europei, in America latina, in Cina e Giappone. Nel nostro paese ha pubblicato diversi articoli e la raccolta di saggi “Le condotte musicali” (1993).

La Musica è un gioco da bambini – Centro Studi Musicali e Sociali Maurizio Di Benedetto – FrancoAngeli – Milano – traduzione italiana 2004