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Pedagogia al nido

Sentimenti e relazioni

Recensione di Francesca Romana Motzo

31 maggio 2017

Non ci sono “anche” le emozioni
Non ci sono “anche” i sentimenti
Non ci sono “anche” le relazioni
Non ci sono “anche” gli affetti

Con questo testo, completo una proposta di approfondimento sulla primissima infanzia, attraverso tre letture che esplorano l’espressività sonoro-musicale, quella motoria ed infine con quest’ultimo, un’opportuna riflessione sulla pedagogia dedicata ai primi tre anni di vita del bambino, identificando il Nido come “contesto sociale” altamente intrecciato a quello familiare, che con estrema consapevolezza dovrebbe supportare ed aver cura della crescita di un nuovo individuo.

Dei sette capitoli presenti, mi preme evidenziare il secondo che a mio parere enuncia ed approfondisce tre elementi fondamentali se si parla di processo educativo rivolto ad un neonato o ad un bimbo piccolo: le emozioni, i sentimenti e le relazioni.
Parlare di sviluppo emotivo, quando tutto il sapere verte su quello cognitivo, significa iniziare a concepire il termine “professionalità” non solo come l’insieme di una vasta gamma di conoscenze e di un saper fare sempre più specifico, bensì essere disposti ad investire la propria persona nella sua totalità, includendo per cui affetti, sentimenti ed emozioni che nutrono la relazione tra adulto e bambino.
Il tabù da radere al suolo è che lo sviluppo cognitivo debba essere nettamente separato da quello emotivo.
Ecco che risulta più semplice, in un contesto come quello del Nido, non essere strettamente vincolati ad un’acquisizione di competenza e quindi, poter lasciare che “la relazione interpersonale” possa esprimersi senza eccessive restrizioni.
Ma se si vuole concepire, definire e migliorare una pedagogia per questo contesto o questa fascia d’età, non possiamo rinunciare alla consapevolezza che la più importante competenza la si acquisisce proprio nei primi tre anni di vita, dove ogni tappa vissuta per la primissima volta, determina un imprinting che darà vita al nostro essere dentro di noi e nel mondo ed alla nostra personalità.
Lo sviluppo emotivo è sviluppo cognitivo, in quanto la stessa acquisizione delle emozioni più complesse richiede un’importante articolazione cognitiva.
Per intenderci, vi sono emozioni semplici e primarie determinate da puri stimoli percettivi, come ad esempio il sussulto di un neonato dovuto da un rumore brusco ed improvviso; mentre la paura è un’emozione collegata ad un preciso pensiero, tipo “…perchè mamma mi lascia?…”
Creare la propria tavolozza di emozioni e sentimenti, passa attraverso un apprendimento esperenziale quotidiano e la loro modalità di espressione, è fortemente influenzata dalla cultura di appartenenza e dal proprio contesto d’origine.
Potremmo parlare, dunque, di un “saper sentire” e di un “saper esprimere”.
Due competenze con le quali il nuovo individuo si confronta attraverso un’esperienza familiare innanzittutto, che inizia a distinguere “le emozioni corrette” e quelle da “gestire”, le regole, le aspettative, i divieti ed i permessi, ciò che si può provare e ciò che si può mostrare e che forgia, in modo indissolubile questa tavolozza emotivo-affettiva che richiede, per l’appunto, un’elaborazione complessa a livello cognitivo.
Senza entrare nel merito di quanto il contesto socio-culturale e familiare possa condizionare questa acquisizione, ciò che ci interessa evidenziare in questa sede è il forte legame tra sviluppo emotivo e sviluppo cognitivo, tanto da iniziare a concepire una vera e propria educazione alle emozioni.
Mantenendo questo presupposto, le emozioni possono diventare il supporto dell’apprendimento cognitivo, in quanto è difficile pensare di affrontare qualsiasi evento senza tener conto dell’impatto emotivo che può suscitare nell’individuo e della relazione o il contesto in cui si colloca.
Non è il fatto in se ad essere determinante, ma il significato attribuito all’evento e al suo impatto emotivo.
Allo stesso modo, l’importanza della relazione all’interno di un processo educativo, si radica fin dai primi mesi di vita dove il neonato cresce e si sviluppa attraverso la cura che riceve dall’adulto e che nutre la sua stessa motivazione a crescere provando piacere per ciò che è e per ciò che fa.
Stabilire una relazione significa mettere in campo emozioni e sentimenti che possiedono un’importanza comunicativa non-verbale rilevante e che esprimono nella loro spontaneaità, la veridicità personale di ognuno.
Ripensando dunque al concetto di “professionalità”, non si può prescindere dalla consapevolezza dei propri stati emozionali e delle proprie esperienze emozionali per sviluppare una conoscenza profonda delle proprie dinamiche emotive e di come entriamo in risonanza con l’altro e con gli eventi che ci coinvolgono, in modo specifico se siamo chiamati ad occuparci e ad aver cura di un bimbo piccolo.
Ritornando al Nido come luogo sociale che un neonato può esperenziare oltre a quello familiare, possiamo sicuramente affermare che la sua pedagogia è quella delle emozioni, non solo perchè i contenuti emozionali sono sempre presenti e dirompenti e coinvolgono sia il bambino che l’adulto, ma anche per la complessità psicologica delle relazioni che vengono instaurate e sviluppate.
La presenza degli affetti in questo processo educativo consente al bambino di strutturare la propria identità la cui costruzione passa necessariamente attraverso tonalità emotive e non neutre, all’interno di una relazione.
La conoscenza non è solo un processo cognitivo ed il processo educativo non è solo insegnamento, dimostrazione, spiegazione.
Conoscere ed apprendere è esplorare, fare esperienze, sperimentare e sperimentarsi, è manipolare e trasformare e richiede fiducia in sé e nel mondo.
Gli strumenti necessari per arrivare alla conoscenza contengono dimensioni emozionali, nella percezone affettiva, nella fantasia, nel desiderio, nelle spinte pulsionali e nella creatività.
In quale modo, quanto scritto fin’ora, può essere collegato alla pedagogia musicale, alll’acquisizione di una competenza musicale o al legame tra individuo e mondo sonoro-musicale?
Personalmente mi basterebbe parlare della sfera emozionale, individuando la competenza del saper sentire ed il saper esprimere e di quanto una relazone possa mettere in campo dinamiche comunicative non-verbali.
Laddove le parole, per quanto forbite ed inserite in forme verbali sofisticate, possano avere la capacità di esprimere o rappresentare fino ad emozionare, il suono, nella sua accezione più completa, puro o strutturato, ha un collegamento così forte e diretto con la sfera delle emozioni e degli affetti, tale da avere un potere di espressione completo.
La crescita psico-affettiva e psicmotoria di un individuo è strettamente collegata a quella sonoro-musicale e l’elemento sonoro se reso consapevole, possiede una qualità espressiva e rappresentativa, sensibile ed accurata.
All’inizio della vita, è possibile sperimentarlo non solo come elemento espressivo ma soprattutto come elemento comunicativo, all’interno di una dinamica relazionale adulto/bimbo o bimbo/bimbo, che attraverso l’instaurarsi di una sintonizzazione affettiva, pone le basi per una interazione sincera, profonda e vera.
Nella mia esperienza professionale, ho appreso che vero non significa perfetto e che “vero” presuppone  lavorare sulla propria qualità di presenza nel momento attuale e non coltivare aspettivave rigide e severe; che “vero” concede di essere meravigliosamente imperfetti ma accoglienti; che “vero” permette un leale confronto, una crescita insieme ed un amorevole incontro; che “vero” tiene conto del fatto che tutto ha inizio da una relazione e che siamo persone fin dal momento del nostro concepimento.

“Il dono più grande che il bambino può ricevere dall’adulto che si prende cura di lui fin dalla primissima età, sono uno spazio e un tempo sufficienti per sperimentare le proprie possibilità autonome di apprendimento, in completa armonia con il proprio livello di maturità, con gli interessi e le iniziative di ogni momento.”

Rosanna Bosi

Psicologa psicoterapeuta, ha lavorato nei nidi di Roma fin dalla loro apertura. Da molti anni affianca all’attività clinica la formazione di personale dei nidi e della scuola dell’infanzia e la supervisione di esperienze innovative come alcuni dei progetti “Spazio insieme” del Comune di Roma. Per i nostri tipi ha pubblicato “La cura nella scuola dell’infanzia” (2007).

Pedagogia al nido – Sentimenti e relazioni. Ed. Carocci Faber (Roma) 4° ristampa 2016